mercoledì 25 novembre 2015

Wonder Woman, Fafhrd e Gray Mouser e Samuel R. Delany s'incontrano per caso

Uno degli aspetti che apprezzo del mio lavoro è la possibilità di imparare qualcosa di nuovo, anche su argomenti che magari conosco già abbastanza. Nel momento in cui devo approfondire questa o quella cosa per poterne scrivere, finisce che mi imbatto in un aspetto che magari non avevo considerato molto, o qualche aneddoto che trovo curioso. Cosa che mi è successa ad esempio scrivendo un pezzo per la Guida alla letteratura fantastica dedicato a Wonder Woman: mi sono imbattuto nella copertina del numero 202 della testata a lei dedicata, che vedete qua sotto, e, a seconda di quanto seguiate la letteratura fantasy, potreste trovarla più o meno curiosa anche voi.

Wonder Woman 202
Magari non la riconoscete ma la tipa in bianco è proprio lei, Wonder Woman, la Principessa delle Amazzoni, Diana. Siamo nel 1972 e la DC Comics, sentendo l’aria che cambia nella cultura americana, decide di rivedere la sua eroina di punta: togliamole i poteri, togliamole il costume iconico, uccidiamole l’amante e caliamola nella realtà quotidiana. Non più semi-divinità a combattere minacce sovrumane coi suoi colleghi Superman e Batman, ma la proprietaria di una boutique alla moda che nel tempo libero combatte un coacervo di cattivi, trafficanti e spie internazionali. Seguita dal mentore I Ching che l’ha istruita nelle arti marziali, Diana Prince negli anni ’70 riflette il tipo di eroina dei suoi tempi, un po’ Emma Peele nello stile, meno divina e più terrena. Non troppo, comunque se nella copertina la vediamo dalla parte sbagliata di un barbaro armato di spadone, mentre cerca di proteggere col suo corpo Catwoman. Ma chi è quel barbaro? E il tipetto sullo sfondo?

Sono rispettivamente Fafhrd e il Gray Mouser, coppia di avventurieri tra le più note agli appassionati di fantasy. Ideati da Fritz Leiber negli anni ’30, i due sono stati protagonisti di svariate storie dalla varia metratura e questa copertina determina il loro esordio nel mondo a fumetti. Non ne avevo idea; ero rimasto alla serie regolare che la DC dedicò ai due, intitolata Sword of Sorcery, e soprattutto all’adattamento sceneggiato da Howard Chaykin e disegnato da Mike Mignola, il babbo di Hellboy. L’avventura in compagnia di Diana e Catwoman funge proprio da trampolino di lancio per lanciare Sword of Sorcery, che uscirà a partire dal 1973 dalle mani, tra gli altri, di Dennis O’Neil, Chaykin, e Walt Simonson.

"Come mai Conan non le deve fare ste marchette, Fafhrd?"
Se vedere questo quartetto in copertina mi ha colpito, scoprire chi ha scritto questo albo è stata un’altra bella sorpresa: Samuel R. Delany. Autore in attività dai primissimi anni ’60 che spazia dalla sci-fi al fantasy, interessato da sempre a parlare di temi a lui cari nelle ambientazioni che più gli aggradano: linguaggio, percezione della realtà e sessualità, tra gli altri. Conosciuto soprattutto per le sue storie che approfondiscono questi temi senza lasciare nulla di intentato, può sembrare una scelta un po’ curiosa come autore per Wonder Woman. Ma come accennavo sopra era un periodo di innovazione o per lo meno in cui si tentavano strade un po’ meno battute nel fumetto di supereroi. La rivoluzione subita da Wonder Woman non è stata voluta da Delany, arrivato sulla testata a cose fatte succedendo Dennis O’Neil, ma gli dava la possibilità di lavorare su un personaggio più nelle sue corde: una donna calata nella propria realtà, costretta a confrontarsi con una società in cambiamento che vedeva, nella realtà, il ruolo della donna evolvere, mutare e cercare il proprio posto.

E Delany si offre di fare proprio questo, prendere Diana e metterla contro temi caldi dell’epoca, ma attuali in ogni tempo: sfruttamento sul lavoro, discriminazione accademica e aborto. Tutte idee che non hanno visto la luce dato che la DC Comics decise di non portare a compimento le storie di Delany a causa delle critiche che molti lettori portarono nei mesi precedenti al rinnovamento del personaggio: la nuova versione di Wonder Woman non piaceva ai vecchi fan affetti da nostalgia e attaccamento allo status quo. In particolare questa nuova versione meno mitologica di Wonder Woman venne criticata da  Gloria Steinem: togliere i poteri a Diana significava de-potenziarla, farne morire l’amante significa de-sessualizzarla, farle dismettere il costume significava farle abbandonare un simbolo che ne cancellava l'aspetto di icona femminile costruitosi nel tempo.

Con buona pace di Delany, e soprattutto mia che avrei letto volentieri quel tipo di storie, la DC decise di dare retta alle critiche dei fan, sfruttando con ogni probabilità le critiche della Steneim per legittimare il successivo ritorno alle origini. Così dopo il numero 203 che introduce la trama voluta da Delany, a partire dal 204 si torna alla classica Wonder Woman con tanto di lasso della verità.

Wonder Woman 203, scritto da Delany
Wonder Woman 204, non scritto da Delany


Ora, la storia di Wonder Woman è complessa, come lo sono le storie dei personaggi seriali, in particolare quelli che stanno in giro da più di 70 anni come lei, e questo è solo un piccolo aneddoto. I personaggi seriali mutano in continuazione, in un perenne tira e molla tra una realtà delle origini che si deve adattare alla realtà del momento attuale, una frizione che può portare cose interessanti come banalità assortite. Questo è il concetto sotteso al mio pezzo che trovate sulla Guida alla letteratura fantastica e che spero sia passato, insieme a notizie, di nuovo curiose per il sottoscritto, a proposito del suo creatore William Moulton Marston, la cui vita varrebbe di sicuro un film. La Guida la trovate in libreria, edita da Odoya, per la curia di Claudio Asciuti.


giovedì 12 novembre 2015

Conan il Barbaro, bodybuilding, doping e letteratura fantastica

“Come funziona il tuo lavoro?”

È una domanda che ogni tanto mi sento rivolgere e a cui rispondo spesso con: dipende. Per farvi un esempio, quest’anno mi sono trovato a collaborare alla Guida alla narrativa Fantastica per i tipi di Odoya, curata da Claudio Asciuti, che trovate in libreria in questi giorni. La richiesta di Claudio è stata di parlare di alcuni aspetti tipici della narrativa fantastica, nell’ambito del fumetto. Amazzoni, barbari, armi magiche, luoghi fantastici. Scimmioni. Li ho affrontati tutti e un altro paio, ma vediamone uno in particolare.

Barbari? Conan, ovvio.

No, l'altro Conan, Conan.
Meno ovvio è stato, per me, trovare una chiave di lettura che mi permettesse di parlare di uno dei personaggi più influenti, conosciuti e dibattuti della narrativa popolare. Non mi è stato d’aiuto nemmeno il fatto che pur avendo letto tutti i racconti scritti da R.E. Howard, letto parecchi fumetti e visto i film a lui dedicati, Conan non sia tra i miei personaggi preferiti. Ma scrivere per lavoro significa scrivere al di là di preferenze e simpatie. Il committente dice “Mi scrivi un pezzo su questo argomento?” e tu rispondi “Quante battute?”.

La chiave di lettura che ho scelto, e che mi ha permesso di seguire un filo conduttore nel raccontare 60 anni di Conan a fumetti, mi è venuta in mente grazie a Chris Bell.

Arnold a sinistra, Chris Bell con cappellino a destra.
Chi è Chris Bell e come si incastra con Conan e i fumetti? La risposta è semplice: Chris è un documentarista e uno dei suoi eroi è Arnold Schwarzenegger. E Arnold Scwharzenegger è diventato da 40 anni sinonimo di Conan il Barbaro, con buona pace dei filologi howardiani. S’intravede dove voglio andare a parare? Andiamo con ordine.

Nelle descrizioni di Howard, Conan viene dipinto come un uomo dalla prestanza fisica superiore ma comunque agile, svelto, sinuoso come una pantera. Muscoloso senza dubbio, ma non un gigante dalle vene pulsanti e muscoli in sovrabbondanza. E questa descrizione viene mantenuta più o meno fedele anche nei fumetti, in particolare quelli della prima ora usciti per la Marvel a partire dagli anni ’70. Sarà solo col passare dei decenni che il Conan a fumetti vedrà i propri muscoli gonfiarsi sempre più, un riflesso dell’evolversi della figura maschile nella cultura popolare che investe bene o male tutti i personaggi di fantasia. 
No, Arnold, l'altro Conan.
E qui torniamo a Chris Bell e al suo ottimo documentario intitolato Bigger, Stronger, Faster dedicato al doping. Cresciuto nel culto degli atleti del wrestling e degli eroi di azione come Stallone e Schwarzenegger, Chris con i suoi fratelli si da al bodybuilding e al powerlifting per diventare più forte e più grosso. Sarà solo passati i venti anni, grazie a scandali sportivi e di costume, che scoprirà che i suoi beniamini hanno costruito i propri fisici anche grazie a sostanze dopanti. Da qui la decisione di fare un documentario sul doping e interrogarsi sul perché le persone decidano di doparsi e su come siano rappresentati gli atleti e gli eroi di azione. Se Sean Connery, che è stato culturista, era abbastanza prestante da poter essere James Bond, come mai ora il suo fisico sembrerebbe mediocre ai più? Sono domande e riflessioni che Chris si pone e lo portano a guardare al cinema e alla tv come parti integranti nella creazione delle aspettative del pubblico per quanto riguarda l’aspetto dell’eroe. E torniamo a Swarzennegger e al suo Conan.

Arnold è stato un personaggio fondamentale nel plasmare l’iconografia dell’eroe d’azione e ci è riuscito partendo da lontano, diventando, prima che un divo del cinema, il volto del bodybuilding. La sua personalità over the top è stata parte integrante del successo della disciplina del culturismo, che grazie a lui passa da hobby per una nicchia di persone appassionate a fenomeno mainstream e industria multimilionaria. Arnold diventa il prototipo del bodybuilder, il traguardo che tutti quelli che sollevano pesi vorrebbero raggiungere e superare. Il documentario Pumping Iron, di cui è protagonista con Lou Ferrigno (altro fisico da fumetti, l’uomo che interpretò l’incredibile Hulk in televisione), lo rendono un volto noto al grande pubblico. Quando arriva a interpretare Conan sembra quasi che i (pochi) panni del barbaro gli stiano stretti non solo letteralmente ma anche come idea: se oggi pensando a Conan ci viene in mente un ammasso di muscoli lo dobbiamo ad Arnold, al suo carisma, al suo essere bigger than life e probabilmente anche bigger than fantasy. 

Disegnato da Sal Busema & Alfredo Alcala 1970
Disegnato da Claudio Castellini 1997




















Se il cinema ha visto questa esplosione di muscoli, il fumetto non è stato a guardare e il mio pezzo sfrutta questa progressione muscolare come filo rosso per raccontare in che modo la vita editoriale a fumetti di Conan si sia evoluta non solo nei contenuti ma anche graficamente. Nel mio pezzo mi concentro nel raccontare in che modo Conan è arrivato in Marvel (ed è stato un arrivo un po’ rocambolesco per cui dovete ringraziare Roy Thomas e la sua spregiudicatezza) passando poi per DC Comics e Dark Horse, ma è anche un modo leggero per sottolineare come l’aspetto visivo e l’idea stessa del personaggio siano evoluti negli anni divenendo, nella cultura popolare, qualcosa di simile ma molto diverso rispetto all’idea originaria creata da Howard. Stessa riflessione che si trova anche nel pezzo in cui vi parlo di Wonder Woman e che si lega alla mia idea personale dei personaggi seriali: non esiste un’unica versione vera di un personaggio seriale, ma tante quanti sono gli autori che l’hanno raccontato. Compresi, nel caso di Conan, quegli autori che ne fecero un fumetto non autorizzato per l’editoria messicana a partire dal 1952. Se siete curiosi di approfondire, vi tocca leggere la Guida alla letteratura fantastica. 


Quindi alla domanda “Come funziona il tuo lavoro?” io spesso non so rispondere in maniera concisa perché quasi ogni cosa io scriva nasce nella maniera più disparata. Chi lo avrebbe mai detto che un documentario sugli steroidi mi sarebbe tornato utile, a distanza di anni, per trovare la chiave di lettura comoda per scrivere di Conan?


Vi lascio con un estratto da Bigger Stronger Faster in cui viene mostrata l’evoluzione del fisico dei GI Joe. E nel caso il doping sia un argomento che vi interessa vi invito a guardare il documentario, è davvero interessante.