lunedì 18 luglio 2011

Baciami come uno sconosciuto - Gene Wilder

Entrai nel piccolo ufficio di Marjorie Wallis sulla Sessantanovesima Ovest. Ero molto nervoso.
"Come devo chiamarla?" chiesi.
"Come vuoi chiamarmi?"
"Ho sentito che il dottor Steiner la chiama Margie al telefono... va bene?"
Con la mano mi indicò il divano spartano davanti a me. Alle pareti non c'erano quadri. Margie era seduta in una poltrona, all'apparenza comoda, davanti alla quale era posizionato un poggiapiedi che lei, però, non stava usando. Il suo viso non era cordiale, ma neanche severo.
"Quale sarebbe il problema?" mi chiese.
Non riuscivo a guardarla negli occhi.
"Voglio impegnare tutto il denaro che ho"
"Quanto hai?"
"... trecento dollari."
Rimase in silenzio a guardarmi per quattro, cinque secondi.
"Capisco. Allora, mettiamoci al lavoro e, forse, il giorno in cui avrai un po' di soldi sarai anche diventato sufficentemente saggio per sapere cosa farci. Nel frattempo raccontami un po'..."
E poi mi fece un sacco di domande. "Quanti anni aveva tua madre?... Cosa hai provato quando il dottore vi ha detto che...?" Hai mai provato a bla, bla, bla?"
Facevo delle pause così lunghe prima di rispondere a ciascuna domanda che pensavo avrebbe finito per sbattermi fuori, invece se ne stava seduta ad aspettare, questa volta con i piedi distesi sul pouf. Quando ripresi a parlare, incominciò a prendere appunti su un blocchetto che aveva in grembo.
Non riuscivo a capire una cosa: perché mai stavo pensando a una quindicenne di nome Seema Clark durante le pause tra una domanda e l'altra prima di rispondere a Margie? Seema continuava a tornarmi in mente mentre parlavo di mia madre e dei dottori, degli infarti, di mio padre russo e della masturbazione.
La prima volta che incontrai Seema pensavo fosse euroasiatica, non mi parve assolutamente ebrea; quando, però, uscimmo insieme dalla sinagoga realizzai che doveva essere ebrea.


Baciami come uno sconosciuto - Gene Wilder

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