Sono un vecchiaccio.
Dovrei dire che sono una persona anziana, come mi hanno insegnato i miei genitori per i quali chiunque, anche un infanticida antropofago, arrivato a una certa età meritava rispetto.
La verità, però, è che sono un vecchiaccio.
Mi lavo poco, mi rado una volta alla settimana e giro per il quartiere indossando un cappotto che, dopo la mia prostata, è la cosa più malridotta che mi porto dietro.
Negli ultimi quindici anni mi sono lasciato andare, come fanno certi calciatori quando capiscono che la partita è persa e allora smettono di giocare e cominciano a dare calcioni agli avversari.
Mangio porcherie di tutti i generi, fumo molto, scorreggio in ascensore. Scaracchio per strada, ma solo quando qualcuno mi guarda.
E poi rubo le biro.
Me le infilo in tasca, ci metto un attimo. Ogni tanto organizzo una battuta di caccia per i negozi. Mi piace guardare le facce di cassiere e bottegai, quando non trovano più la loro penna a sfera. Mi piace fissare i loro occhi sbalorditi, mentre controllano se sia caduta in terra, si frugano, si chiedono dove cavolo l'abbiano messa. Nessuno pensa che un oggetto di così scarso valore possa essere rubato. Da me, poi.
Quando torno acasa dal safari, ne ho almneo una decina nella tasca interna della giacca. Alcune hanno il cappuccio di plastica sulla punta d'acciaio, altre il pulsantino metallico, molte mostrano una scritta su un lato inneggiante a un elettrauto o a una ditta di lavori idraulici.
A casa ne ho talmente tante che Victor Hugo potrebbe scriverci dieci volte I Miserabili. Mi piacciono. Naturalmente, non le uso mai. Non ho niente da scrivere. Però di tanto in tanto le provo, vedo se funzionano ancora. Dopo un po' di tempo, l'inchiostro che hanno dentro, la loro anima, si secca. Capita anche a molte persone, se vogliamo. La Bic è la cosa che più di ogni altra mi ricorda l'essere umano. E' capace d'imprese grandiose - compilare schedine vincenti e assegni scoperti -, di azioni mediocrsi - scrivere liste della spesa e biglietti d'auguro - e di crimini orribili - vergare condanne a morte e lettere d'amore.
Mi piacciono pure le ragazze intorno ai vent'anni. Qualche volta, davanti a un bar o a un negozio, ne avvicino una, l'abbraccio, la stringo e la palpo un poco, sento il profumo dei suoi capelli e del suo trucco. Le dico: "Valentina, Valentina mia!" Lei mi guarda e risponde: "Ma cosa fa? Mi ha scambiata per un'altra!" Allora fingo di mortificarmi e mi scuso: "Dio quanto somiglia a mia nipote... mi perdoni... sa, la vista ormai..." Insomma, ve l'ho detto, sono un vecchiaccio.
Armando invece era diverso.
Un calcio in bocca fa miracoli - Marco Presta
Dovrei dire che sono una persona anziana, come mi hanno insegnato i miei genitori per i quali chiunque, anche un infanticida antropofago, arrivato a una certa età meritava rispetto.
La verità, però, è che sono un vecchiaccio.
Mi lavo poco, mi rado una volta alla settimana e giro per il quartiere indossando un cappotto che, dopo la mia prostata, è la cosa più malridotta che mi porto dietro.
Negli ultimi quindici anni mi sono lasciato andare, come fanno certi calciatori quando capiscono che la partita è persa e allora smettono di giocare e cominciano a dare calcioni agli avversari.
Mangio porcherie di tutti i generi, fumo molto, scorreggio in ascensore. Scaracchio per strada, ma solo quando qualcuno mi guarda.
E poi rubo le biro.
Me le infilo in tasca, ci metto un attimo. Ogni tanto organizzo una battuta di caccia per i negozi. Mi piace guardare le facce di cassiere e bottegai, quando non trovano più la loro penna a sfera. Mi piace fissare i loro occhi sbalorditi, mentre controllano se sia caduta in terra, si frugano, si chiedono dove cavolo l'abbiano messa. Nessuno pensa che un oggetto di così scarso valore possa essere rubato. Da me, poi.
Quando torno acasa dal safari, ne ho almneo una decina nella tasca interna della giacca. Alcune hanno il cappuccio di plastica sulla punta d'acciaio, altre il pulsantino metallico, molte mostrano una scritta su un lato inneggiante a un elettrauto o a una ditta di lavori idraulici.
A casa ne ho talmente tante che Victor Hugo potrebbe scriverci dieci volte I Miserabili. Mi piacciono. Naturalmente, non le uso mai. Non ho niente da scrivere. Però di tanto in tanto le provo, vedo se funzionano ancora. Dopo un po' di tempo, l'inchiostro che hanno dentro, la loro anima, si secca. Capita anche a molte persone, se vogliamo. La Bic è la cosa che più di ogni altra mi ricorda l'essere umano. E' capace d'imprese grandiose - compilare schedine vincenti e assegni scoperti -, di azioni mediocrsi - scrivere liste della spesa e biglietti d'auguro - e di crimini orribili - vergare condanne a morte e lettere d'amore.
Mi piacciono pure le ragazze intorno ai vent'anni. Qualche volta, davanti a un bar o a un negozio, ne avvicino una, l'abbraccio, la stringo e la palpo un poco, sento il profumo dei suoi capelli e del suo trucco. Le dico: "Valentina, Valentina mia!" Lei mi guarda e risponde: "Ma cosa fa? Mi ha scambiata per un'altra!" Allora fingo di mortificarmi e mi scuso: "Dio quanto somiglia a mia nipote... mi perdoni... sa, la vista ormai..." Insomma, ve l'ho detto, sono un vecchiaccio.
Armando invece era diverso.
Un calcio in bocca fa miracoli - Marco Presta
2 commenti:
Grazie questo incipit che mi ha incuriosito mi sono procurato il libro e l'ho letto nel giro di una settimana, molto carino, divertente e con un velo di amarezza che non guasta!
Son contento che l'incipit abbia sortito questo effetto!
Concordo su tutto. E' un po' che voglio dedicargli un post per parlarne bene. Mi sa che in settimana mi decido.
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