lunedì 21 maggio 2012

Baciami come Gene Wilder

Frankenstein Jr. è il frutto della collaborazione tra Mel Brooks e Gene Wilder. Anzi, Gene Wilder ne è stato il promulgatore, trattandosi di una sua idea a cui ha lavorato per diverso tempo prima di proporla a Brooks.

Frankenstein Jr. è tra i pochi film che io guardo almeno una volta all’anno da che ho memoria. Ogni volta rido, o perché anticipo le battute che ormai so a memoria, o perché riesce ancora a stupirmi. Credo sia una delle storie che più mi abbiano influenzato a livello di umorismo. Influenza non cercata ne studiata, ma semplicemente assimilata.

Quindi se a me piace un certo tipo di umorismo, sia che si tratti di assumerlo o proporlo, buona parte della colpa è di Gene Wilder. Normale che mi sia letto la sua autobiografia. Normale che l’abbia trovata molto divertente e interessante. Curioso che vi abbia trovato descritto dentro un uomo pieno di paure, che ha passato diverse crisi esistenziali e che ha avuto un rapporto difficile con gli altri, in particolare con le donne. Rassicurante che Wilder riesca a parlare delle proprie sfighe personali con una leggerezza e ironia che secondo me riesce allo stesso tempo a stemperarle e a dar loro un peso maggiore sul suo percorso di crescita.

Gilda, Sparkle, Gene.
Voglio partire dal fondo. Wilder si è spostato negli anni ‘80 con Gilda Radner, comica strepitosa del SNL. Gilda si è ammalata di cancro e ha dovuto subire un intervento. I due aspettano che i dottori diano il via libera al ritorno a casa.  E il segnale di via libera ve lo lascio descrivere da Wilder:

“Trascorse quasi due settimane intere al Mount Sinai Hospital con un sondino nasogastrico nel naso. Lo odiava, come tutti, ma non potevano rimuoverlo finché non ci fossero stati segni di ripresa della funzionalità intestinale. E il segno tangibile che i medici stavano aspettando era un’incontrovertibile scorreggia. Dopo dieci giorni lei produsse una piccolissima, graziosa scorreggia.”

Credo che in questo passaggio ci sia racchiusa buona parte della visione del mondo di Wilder. La capacità di cogliere aspetti ridicoli, dissonanti e grevi della vita, e di raccontarli con leggerezza e sincerità. Inoltre penso ne esca anche l’amore di Wilder per la moglie che, da li a poco, morirà.

Raccontare in questo modo così efficace la gretta realtà della vita non so se sia un dono di natura, di sicuro però è una capacità che viene affinata nel tempo lavorando molto. Wilder dice di aver imparato osservando come hanno fatto quelli prima di lui. Mi verrebbe da fare un distinguo tra recitare e scrivere, ma sostanzialmente si tratta in entrambi casi di raccontare qualcosa. Per cui che un grande attore sappia anche raccontare, per quanto magari non sia la norma, non è del tutto eccezionale.

Wilder cita tra le sue influenze Chaplin. Mi pare giusto, si deve guardare ai più grandi se si vuole anche solo sperare di essere poco più che mediocri nel proprio mestiere. L’insegnamento che desume da Chaplin è quello di non esagerare, non forzare, non strafare. Come dice Gene:

“Se l’azione o il gesto fisico che stai compiendo è divertente di per sé, non devi calcare la mano recitando in maniera buffa… Sii naturale e il divertimento aumenterà.”

Sono convinto ci sia del buono anche per chi scrive in questa frase.
 
Non so se Wilder abbia tenuto fede a questo approccio 24/7 per tutta la sua carriera, ma di certo è che alcuni suoi ruoli strepitosi sembrano seguire il consiglio fino in fondo. 


Mi viene in mente soprattutto la sequenza tratta da Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso, di Woody Allen, in cui Gene interpreta un dottore che si innamora di una pecora. Un’idea che poteva essere rovinata se resa in maniera volgare o strombazzata, risulta per me fenomenale grazie alla recitazione piana e discreta di Wilder. Lo stesso Allen dice che ha scelto Gene perché gli serviva un attore che sapesse rendere credibile l’innamoramento di un uomo per un animale. Il risultato mi sembra dargli ragione.

Come dicevo, recitazione o scrittura cambia poco quando si parla di attitudine al racconto. Prendete il passaggio in cui Wilder racconta la sua esperienza con i preservativi. Accadde circa un mese dopo la morte della madre:

“Poi capitò una cosa strana: circa un mese dopo comprai per la prima volta un preservativo. Non sapevo esattamente come usarlo; mi sembrava complicato. Mi chiedevo quando indossarlo di preciso, se occorresse chiedere l’aiuto della donna, quando toglierlo… Naturalmente, la domanda più calzante sarebbe dovuta essere: “Qual è la donna a cui chiedi, nel bel mezzo di una chiacchierata, di aiutarti a infilare un pezzo di gomma sul pene?”
A proposito, già all’epoca non pregavo più così tanto.”


Il suo rapporto col sesso e con l’altro sesso viene affrontato in maniera molto franca nell’autobiografia, raccontando dei matrimoni falliti e del rapporto difficile e sofferto con la figlia adottiva. Tutto quanto raccontato però senza patetismi e, per quel che si può capire sentendo una sola campana, in maniera molto sincera.

Quindi che abbia scritto Il più grande amatore del mondo, di cui è anche protagonista, sembra quasi un modo per raccontare e forse esorcizzare i suoi trascorsi di amante. Ad esempio racconta così un suo incontro da una botta e via con una certa Karla, in un periodo nerissimo del suo primo matrimonio.

“Ero sul punto di bussare alla porta di Karla, quando sentii la voce di un uomo  provenire dall’appartamento, e poi anche quella di Karla. Pensai: Sarà un vicino, un parente, chissà? Bussai.
Venne ad aprirmi Karla. Scorsi quello che mi parve un uomo d’affari ben vestito che infilava la camicia nei pantaloni. Allungò una mano per prendere la sua giacca e Karla ci presentò. Non ricordo come si chiamasse, di lui ricordo soltanto il particolare della camicia.
L’uomo si congedò con molta educazione e Karla mi invitò a entrare e a mettermi a mio agio. (Avevo capito bene? Si supponeva che io dovessi pagarla?).
Mi offrì del caffé e poi mi invitò nella sua camera da letto, come se ci fossimo già messi d’accordo prima. Karla incominciò a spogliarsi. Dopo qualche goffo momento di titubanza, mi spogliai anch’io.
“Sai che c’è” mi fece “ultimamente sono diventata ninfomane.” Alla frase seguì una risatina.
“A questo punto della mia vita mi sento un po’ sola. Questo è quanto. Spero che non ti dispiaccia”.
“A me? No, certo che no” (Mio Dio che sto dicendo? Mi sembra di essere Woody Allen)
M’infilai nel letto insieme a lei, ci scambiammo qualche bacio e subito dopo lei se “lo” infilò dentro. Penso che a voler contare si sarebbe arrivati a sette-otto e poi boom!
Cercai di essere il più gentile possibile, compatibilmente con l’assurdità della situazione. E in effetti anche lei si sforzò di fare altrettanto. Volevo soltanto uscirmene. Dopo una serie di educati ringraziamenti, pronunciai un educato “Buonanotte, Karla” e me ne andai.”


Tutto un altro universo rispetto al rapporto con Gilda, che suggerì a Gene un titolo da usare prima o poi, Baciami come uno sconosciuto, poche settimane prima di morire. Wilder racconta di aver visitato spesso la tomba di Gilda, in compagnia del cagnolino Sparkle:

“Mi recavo al cimitero più volte a settimana solo per dire qualche parola a Gilda e per permettere a Sparkle di fare pipì sulla sua tomba. Sapevo che Gilda ne sarebbe stata felice.”

Scene così le crea solo la vita e l'autobiografia ne è zeppa.



5 commenti:

Francesca Ferri ha detto...

Gran bel post, tral'altro voglio assolutamente leggere la sua autobiografia, appena ho tempo.

caffeina ha detto...

io invece quella di Davide

caffeina ha detto...

io invece quella di Davide

caffeina ha detto...

S'e' capito?

-_-'

Abdul ha detto...

Grande Dave. Me lo prendo anche io il libro, Wilder è uno degli attori che preferisco...