Triple Threat Watch: un breve After Watch, tanto per dire
due cose in più sui film in lotta tra loro. I post dedicati ai film li trovi partendo da qui.
L’idea di parlare di questi tre film in sequenza, come
accennavo nel teaser, mi è venuta notando per caso che bene o male tutti e tre
toccano in qualche modo l’idea della propria identità e quello di cosa sono e come
funzionano i rapporti tra le persone.
Sono punti di partenza che toccano le mie corde, il che li
mette già su uno scalino alto nelle mie preferenze. In più la connotazione
sci-fi aggiunge fascino e intrigo alla cosa. La ciliegina sulla torta, per
quanto riguarda i miei gusti, è che godono di una messa in scena ben poco
reale. In questo senso il più “estremo” mi pare Upstream Color, tra
allucinazioni, ipnosi, sogni che forse non sono sogni e un uso massiccio di
immagini e suoni mixati più per suggerire che spiegare. Ovvio, il rischio
supercazzola è altissimo, ma apprezzo il tentativo di usare metodi meno
classici e la voglia di suggestionare invece che mostrare.
Un po’ come la suggestiva stanza nera senza particolari ne
confini che ritorna in Under The Sking: al di là del significato della stanza,
che può essere uno nessuno o centomila, la trovo un’immagine bella da vedere e
appagante. Due delle sensazioni che cerco e mi spingono a guardare film (o
leggere fumetti, o guardare fotografie o seguire arti visuali in genere).
Da questo punto di vista Coherence cerca la suggestione con
un gusto visivo del tutto opposto: tutto quello che vediamo è vero, reale e
raramente creato dagli autori (l’ambiente in cui si svolge il 90% della vicenda
è la casa del regista) eppure riesce comunque a suggerire spazi bui e
minacciosi e rendere bene il senso di migliaia di realtà confinanti tra loro e
quanto poco basti per perdersi tra di loro.
Però ecco mi pare per lo meno interessante come in ogni film
le protagoniste non siano solo eye-candy messo lì a titillare il pubblico
maschile, nemmeno in Under The Skin nonostante l’essere un’esca per uomini
arrapati sia il ruolo iniziale dell’aliena. Però il modo in cui viene mostrata
nuda mi pare sia poco glamour e ammiccante e molto, come dire, pragmatico, un
esagerazione quasi caricaturale messa in evidenza dal cambio di atteggiamento
della protagonista nella seconda parte del film, uno spettro di
rappresentazioni lungo cui si muove il personaggio.
Anche alcuni dati tecnici tornano qua e là. In Coherence e
Under The Skin c’è un largo uso dell’improvvisazione da parte degli attori.
Quando l’aliena in Under The Skin gira Glasgow per acchiappare gonzi, il
regista ha optato per un approccio realistico: sono state montate e nascoste
alcune telecamere sul van, la Johansson ha attaccato bottone con sconosciuti a
cui è stato successivamente chiesto di fare parte del film. In Coherence invece
agli attori è stato spiegato vagamente il senso e la direzione del film, ma non
sono stati detti i vari colpi di scena: hanno scoperto il funzionamento degli
universi in “diretta” come i loro personaggi. Inoltre le battute sono state
solo suggerite dal regista lasciando loro la possibilità di interpretarle e
improvvisare liberamente.
Una differenza che immagino abissale rispetto a Upstream
Color dato il desiderio di controllo assoluto da parte dell’autore Shane
Carruth che è regista, attore, sceneggiatore, co-editor, compositore delle
musiche e produttore. Dubito che abbia dato gran libertà d’azione agli altri
attori, anche se indicazioni in questo senso non ne trovo nelle varie
interviste. In compenso l’approccio all’immagine e al cinema inteso come racconto
di roba che si muove pone Upstream Color e Under The skin su territori simili.
Carruth e Glazer cercano molto più spesso la suggestione, il
suggerimento e l’impressione piuttosto che il mostrare platealmente quanto
vogliono dire e quello di cui vogliono parlare. E se il cinema è immagine credo
però che nel loro caso l’effetto funzioni anche grazie al sonoro e alle
musiche: quello che Glazer e Carruth ci fanno passare sugli schermi non è mai
solo un’immagine ma un flusso di roba che si vede e si sente e che tenta di
portarci in una zona diversa pigiando sui nostri sensi. Motivi per cui vi
suggerisco di godervi le colonne sonore di questi due film, le trovate su
youtube.
Ed è figa pure quella di Coherence, solo che online non è
disponibile (o sono io che non la trovo).
Insomma come dicevo nel teaser qua non si tratta di
decretare un vincitore ma solo di vedere come tre pellicole e i loro autori se
la giocano ciascuno su territori simili. Mi pare che le performance dei nostri
siano tutte valide, ognuna con le proprie sbavature e le proprie eccellenze, ma
soprattutto ognuna con un’attitudine personale e marcata, sia nei confronti dei
temi trattati che del modo in cui vengono raccontati.
Ci saranno altri Triple Threat Watch? BOH! Dipende dai film
che mi capiteranno sotto tiro. Magari sarà un Fatal Four Way, oppure un Tag
Team o una Battle Royal, vedremo. Per ora spero che, se li vedrete, ci
troverete qualcosa che vi sconfinfera.