lunedì 29 settembre 2014

Triple Threat Watch - Upstream Color - Coherence - Under The Skin - After Watch

Triple Threat Watch: un breve After Watch, tanto per dire due cose in più sui film in lotta tra loro. I post dedicati ai film li trovi partendo da qui.

L’idea di parlare di questi tre film in sequenza, come accennavo nel teaser, mi è venuta notando per caso che bene o male tutti e tre toccano in qualche modo l’idea della propria identità e quello di cosa sono e come funzionano i rapporti tra le persone.


Sono punti di partenza che toccano le mie corde, il che li mette già su uno scalino alto nelle mie preferenze. In più la connotazione sci-fi aggiunge fascino e intrigo alla cosa. La ciliegina sulla torta, per quanto riguarda i miei gusti, è che godono di una messa in scena ben poco reale. In questo senso il più “estremo” mi pare Upstream Color, tra allucinazioni, ipnosi, sogni che forse non sono sogni e un uso massiccio di immagini e suoni mixati più per suggerire che spiegare. Ovvio, il rischio supercazzola è altissimo, ma apprezzo il tentativo di usare metodi meno classici e la voglia di suggestionare invece che mostrare.

Un po’ come la suggestiva stanza nera senza particolari ne confini che ritorna in Under The Sking: al di là del significato della stanza, che può essere uno nessuno o centomila, la trovo un’immagine bella da vedere e appagante. Due delle sensazioni che cerco e mi spingono a guardare film (o leggere fumetti, o guardare fotografie o seguire arti visuali in genere).

Da questo punto di vista Coherence cerca la suggestione con un gusto visivo del tutto opposto: tutto quello che vediamo è vero, reale e raramente creato dagli autori (l’ambiente in cui si svolge il 90% della vicenda è la casa del regista) eppure riesce comunque a suggerire spazi bui e minacciosi e rendere bene il senso di migliaia di realtà confinanti tra loro e quanto poco basti per perdersi tra di loro.


 E parlando di punti di contatto e divergenze nella rappresentazione, c’è n’è uno evidente e macroscopica: i tre film hanno come protagonista una donna. Non mi azzardo a tuffarmi nel discorso sull’identità di genere, sulla rappresentazione femminile e bla bla, discorso molto complesso che richiedere tempo e competenze. Mi dico che mi manca solo il tempo.

Però ecco mi pare per lo meno interessante come in ogni film le protagoniste non siano solo eye-candy messo lì a titillare il pubblico maschile, nemmeno in Under The Skin nonostante l’essere un’esca per uomini arrapati sia il ruolo iniziale dell’aliena. Però il modo in cui viene mostrata nuda mi pare sia poco glamour e ammiccante e molto, come dire, pragmatico, un esagerazione quasi caricaturale messa in evidenza dal cambio di atteggiamento della protagonista nella seconda parte del film, uno spettro di rappresentazioni lungo cui si muove il personaggio.


 E non si assiste nemmeno a quel passaggio a donnaamazzoneguerriera che troppo spesso si limita a prendere un personaggio femminile e farle fare cose da uomini così, a cazzo, per far vedere che non è fragile e debole. Mi pare che le tre protagoniste quando prendono la situazione in mano e decidono di trovare una soluzione continuino a essere femmine e non uominid’azione con i senoni. Che poi ci riescano o meno dipende dal singolo film, o da come lo interpretate.

Anche alcuni dati tecnici tornano qua e là. In Coherence e Under The Skin c’è un largo uso dell’improvvisazione da parte degli attori. Quando l’aliena in Under The Skin gira Glasgow per acchiappare gonzi, il regista ha optato per un approccio realistico: sono state montate e nascoste alcune telecamere sul van, la Johansson ha attaccato bottone con sconosciuti a cui è stato successivamente chiesto di fare parte del film. In Coherence invece agli attori è stato spiegato vagamente il senso e la direzione del film, ma non sono stati detti i vari colpi di scena: hanno scoperto il funzionamento degli universi in “diretta” come i loro personaggi. Inoltre le battute sono state solo suggerite dal regista lasciando loro la possibilità di interpretarle e improvvisare liberamente.


Una differenza che immagino abissale rispetto a Upstream Color dato il desiderio di controllo assoluto da parte dell’autore Shane Carruth che è regista, attore, sceneggiatore, co-editor, compositore delle musiche e produttore. Dubito che abbia dato gran libertà d’azione agli altri attori, anche se indicazioni in questo senso non ne trovo nelle varie interviste. In compenso l’approccio all’immagine e al cinema inteso come racconto di roba che si muove pone Upstream Color e Under The skin su territori simili.

Carruth e Glazer cercano molto più spesso la suggestione, il suggerimento e l’impressione piuttosto che il mostrare platealmente quanto vogliono dire e quello di cui vogliono parlare. E se il cinema è immagine credo però che nel loro caso l’effetto funzioni anche grazie al sonoro e alle musiche: quello che Glazer e Carruth ci fanno passare sugli schermi non è mai solo un’immagine ma un flusso di roba che si vede e si sente e che tenta di portarci in una zona diversa pigiando sui nostri sensi. Motivi per cui vi suggerisco di godervi le colonne sonore di questi due film, le trovate su youtube.

Ed è figa pure quella di Coherence, solo che online non è disponibile (o sono io che non la trovo).


Insomma come dicevo nel teaser qua non si tratta di decretare un vincitore ma solo di vedere come tre pellicole e i loro autori se la giocano ciascuno su territori simili. Mi pare che le performance dei nostri siano tutte valide, ognuna con le proprie sbavature e le proprie eccellenze, ma soprattutto ognuna con un’attitudine personale e marcata, sia nei confronti dei temi trattati che del modo in cui vengono raccontati.


Ci saranno altri Triple Threat Watch? BOH! Dipende dai film che mi capiteranno sotto tiro. Magari sarà un Fatal Four Way, oppure un Tag Team o una Battle Royal, vedremo. Per ora spero che, se li vedrete, ci troverete qualcosa che vi sconfinfera.