Vi ho già parlato di Gene Wilder e di come dalla sua autobiografia esca che oltre ad essere attore sia anche uno che le storie le sa raccontare. Ci sono un paio di aneddoti che lo esemplificano molto bene. Li ho trovati raccolti a questo indirizzo, sul sito Letters of note (che vi consiglio di gironzolare perché i contenuti sono spesso molto interessanti). Gli esempi mi sono piaciuti così tanto che ho deciso di tradurli e farci un post. Non sono un traduttore per cui spero ne escano bene.
Wilder consiglia come mostrare Willy Wonka per la prima volta, agli spettatori e ai personaggi:
“Quando faccio la mia prima apparizione, mi piacerebbe uscire dalla porta portando un bastone e poi camminare verso la folla zoppicando. Dopo che la folla vede che Willy Wonka è uno storpio, bisbigliano tutti tra di loro e poi si zittiscono di colpo. Mentre cammino verso di loro, il mio bastone affonda in uno dei sanpietrini su cui cammino e rimane li bello dritto, senza aiuto; però io continuo a camminare, finché non realizzo che non ho più il mio bastone. Inizio a cadere in avanti, e appena prima di schiantarmi a terra, faccio una bellissima capriola e rimbalzo in piedi, tra gli applausi di tutti.”
Interrogato sul perché, Wilder spiegò: “Perché da quel momento in poi, nessuno saprà se starò mentendo o dicendo la verità.”
E qua sotto invece una lettera in cui dice la sua sul costume di Wonka.
Marylin Manson, francamente, me lo sgrulla. |
“23 Luglio
Caro Mel (Mel Stuart, il regista. ndt),
Ho giusto ricevuto i bozzetti del costume. Ti dirò tutto quel che penso, senza censura, e tu scegli dalle mie idee quello che ti piace.
Suppongo che il designer abbia preso le sue ispirazioni dal libro e non sapesse, giustamente, chi interpreterà Willy. E penso che, per un generico personaggio, siano bozzetti deliziosi.
Mi piace il pezzo principale - la giacca di velluto - e intendo mostrarlo col mio bozzetto dello stesso preciso colore. Però ho aggiunto due grandi tasche per ammorbidire il taglio snello e femminile. (Anche in caso di qualche oggetto scenico.)
Penso inoltre che il panciotto sia appropriato e delizioso.
E adoro anche la camicia bianca e fluente e i guanti bianchi. E la fodera interna dal colore più chiaro della giacca.
Quello che non mi piace è la precisione con cui questo costume precisa il tempo e il luogo.
Non m’immagino Willy come un eccentrico attaccato al suo completo domenicale da Dandy del 1912 e lo indossa nel 1970, ma solo come un eccentrico - per cui non c’è modo di sapere cosa farà o dove riesca mai a trovare il suo vestiario - eccetto che gli calza curiosamente: Parte di questo mondo, parte di un altro. Un uomo vanesio che sa quali colori gli donano, e, con tutte le stramberie, ha un buon gusto curioso. Qualcosa di misterioso, e indefinito.
Non sono un ballerino provetto che saltella in giro con piccoli passetti. Per cui, come vedi, ho suggerito di eliminare i pantaloni alla Robert Helpmann. I calzoni alla cavallerizza per me si addicono di più a un maestro di danza. Però pantaloni che erano una volta eleganti e ora sono quasi cascanti - cascanti a causa della preoccupazione con cose più importanti - fanno personaggio.
Pantaloni color verde melma fanno ribrezzo. Però pantaloni color sabbia sono altrettanto discreti per la tua cinepresa, ma di buon gusto.
Il cappello è bellissimo, ma farlo due pollici più basso lo renderebbe più speciale.
Inoltre una fascia di feltro blu chiaro per il cappello coordinata col cravattino vaporoso dello stesso blu chiaro mostra un uomo che sa come valorizzare i suoi occhi blu.
Coordinare le scarpe con la giacca è lezioso. Coordinare le scarpe col cappello è di gusto.
Spero vada tutto bene. Ci sentiamo presto.
Coi migliori auguri,
Gene.”
Mi piacciono questi esempi. Sottolineano come un film non sia semplicemente una sceneggiatura, ma il risultato della collaborazione di tutti quelli che vi partecipano e ci mettono del proprio per poter raccontare una storia.
In caso non sappiate a che scena si riferisce il primo aneddoto, o aspettate le feste natalizie o ve lo guardate qua sotto: