domenica 4 dicembre 2016

Appunti dai tavolini di un bar, una newsletter dal futuro precario

Da qualche settimana ho messo in piedi una newsletter, si intitola Appunti dai tavolini di un bar. Vi potete iscrivere andando a questo indirizzo:


e per farvi un'idea dei contenuti, potete leggere l'archivio a questo indirizzo:


L'idea dietro la newsletter è quella di parlare di cose che mi interessano, che mi divertono e del mio lavoro. Sia di cose su cui sto lavorando al momento, sia di vaghe idee su progetti a venire, sia di metodo di lavoro. In più ho deciso di raccontare in "diretta" la lavorazione di uno degli svariati spunti che ho negli appunti. In ogni mail quindi vi faccio vedere i vari passaggi dallo spunto iniziale fino alla sceneggiatura completa, passando per soggetto, layout e cose così. Dato che io per primo trovo interessante vedere come lavorano gli sceneggiatori, gli scrittori e i fumettisti in genere, ho pensato che magari può essere curioso seguire i lavori su di una storia ancora in costruzione. Insomma, potrete fare gli anziani che guardano un cantiere di lavoro, comodamente seduti dove più vi aggrada.

Dovendo mostrare queste fasi a sconosciuti sono costretto a essere più chiaro nell'esposizione di quanto lo sarei se leggessi solo io i miei appunti, quindi si tratta di un modo di lavorare per me nuovo. Magari imparo qualcosa nel mentre o, alla peggio, mi costringo a non dare per scontate certe mie scelte, che evitare di usare il pilota automatico quando si scrive è sempre un vantaggio.

Cercherò di mandare una mail a settimana. Quante settimane vivrà la newsletter è già argomento di dibattito e causa di scommesse. Per ora vediamo di mangiare il panettone, poi si vedrà.


giovedì 14 aprile 2016

"...e il 21 marzo ad Acapulco, Iris fa il suo ultimo tuffo." Tavole a fumetti - Tyler Cross - Angola - di Fabien Nury e Bruno

Ogni tanto incappo in tavole a fumetti che per vari motivi mi piacciono parecchio. Quando mi ricordo, le piazzo qua sul blog.

La tavola precedente si chiude con la didascalia "...e il 21 marzo ad Acapulco, Iris fa il suo ultimo tuffo."


Tratta da Tyler Cross: Angola. Di Fabien Nury e Bruno. Edito in Italia da Editoriale Aurea su Skorpio N° 2041

martedì 29 marzo 2016

Il giudice e il suo boia - Friedrich Dürrenmatt

Il pastore tossì. Una volta. Poi più volte. Allora i bassi, i tromboni, i corni da caccia, le cornette, i fagotti presero a mugghiare, fieri e solenni, lampi dorati nelle fiumane della pioggia; poi anch'essi vennero sommersi, spazzati via, si arresero. Tutti si rintanarono sotto gli ombrelli, sotto i cappotti. Pioveva sempre più forte. Le scarpe affondavano nella melma, l'acqua scendeva a ruscelli nella fossa vuota. Lutz fece un inchino e qualche passo avanti. Guardò la bara grondante, s'inchinò di nuovo.
«Uomini» disse da qualche parte nella pioggia, con tono quasi impercettibile attraverso le cortine d'acqua: «Uomini, il nostro collega Schmied non è più.» Lo interruppe un canto selvaggio, urlato a squarciagola:

S'aggira Belzebù,
s'aggira, Belzebù,
e giovani e vecchi
li fa tutti secchi.

Due tizi in frac avanzavano barcollando attraverso il cimitero. Senza cappotto né ombrello, alla mercé della pioggia. I vestiti gli s'incollavano addosso. Dal cappello a cilindro l'acqua scorreva loro sul viso. Reggevano un'enorme corona d'alloro, il cui nastro pendulo strisciava al suolo. Due individui giganteschi, brutali, due energumeni in frac, ubriachi marci: sempre sul punto di cadere, non inciampavano mai allo stesso momento, e riuscivano ad aggrapparsi ogni volta alla corona d'alloro, che beccheggiava come una nave sul mare in burrasca. Attaccarono una nuova canzone:

La mugnaia, il marito l'è crepato,
la mugnaia l'è viva, l'è viva,
la mugnaia il garzone l'ha sposato,
la mugnaia l'è viva, l'è viva.

Si precipitarono sulle persone raccolte attorno alla bara, gettandosi in mezzo a loro, fra la signora Schonler e Tschanz, senza che nessuno glielo impedisse, tutti come impietriti; e già i due se ne andavano barcolloni sull'erba fradicia, sostenendosi e avvinghiandosi l'uno all'altro, cadendo sui tumuli, rovesciano croci, in preda a una sbornia gigantesca. La loro cantilena smoriva nella pioggia, orni cosa tornava a ricomporsi.

Tutto passa,
tutto se ne va!

furono le ultime parole percepibili. Era rimasta solo la corona, gettata sopra la bara - e sul nastro sporco si leggeva, tra le sbavature: «Al nostro caro dottor Prantl». Ma quando la gente intorno alla fossa si riprese dallo sconcerto e volle manifestare la propria indignazione per l'accaduto, quando la banda, per salvare la solennità dell'ora, ricominciò a suonare disperatamente, la pioggia, sferzando le piante di tasso, si trasformò in un tale uragano che tutti fuggirono via dalla tomba, dove rimasero soltanto i becchini - neri spaventapasseri nel mugghiare del vento, negli scrosci del nubifragio -, solo desiderosi di calare finalmente la bara. 



Tratto da: Il giudice e il suo boia - Friedrich Dürrenmatt - Adelphi