venerdì 20 dicembre 2013

Jerry Seinfeld, Louis CK, Chris Rock e Ricky Gervais stanno seduti su un cazzo...

“Ci piace perché lo abbiamo visto fare il tip-tap in mezzo a sei laser senza sfiorarne nemmeno uno.” 

Lo dice Jerry Seinfeld a proposito di una battuta di Louis CK. Tema: lo stupro. Svolgimento: vi basta guardare Talking Funny, uno speciale di 50 minuti in cui quattro comici parlano di comicità, facendo battute, riflettendoci sopra e confrontandosi tra loro.


I summenzionati Seinfeld e CK sono in compagnia di Chris Rock e Ricky Gervais, produttore dello speciale e moderatore dell’incontro. Una chiacchierata molto informale e portata avanti con tono leggero ma con la serietà e argomentazione tipica di chi parla della propria ossessione divenuta lavoro. 

Gervais “Non voglio essere giudicato.”
Rock “Sei nella gilda sbagliata, allora.”
Seinfeld “Sul palco vieni giudicato ogni 12 secondi.”

Uno dei punti di forza dello speciale è avere messo insieme quattro comici dallo stile e dalla personalità molto diversi. Ogni volta che si tocca un aspetto particolare dell’essere comici questo viene svolto da ciascuno secondo la sua personale attitudine, dando allo spettatore modo di osservare lo stesso problema da punti di vista diversi se non diametralmente opposti che hanno però il fine comune di fare ridere. Questo è evidente quando Seinfeld racconta una battuta di CK, un paio di minuti che dimostrano come un testo possa causare effetti diversi a seconda di chi lo interpreta. Motivo per cui non ve lo posso raccontare scrivendolo qua ma dovete ascoltarlo perché sono proprio i modi, le inflessioni vocali e i tempi a essere fondamentali e l’unica è che voi guardiate e ascoltate per capire. Come dice CK dopo aver ascoltato la battuta per bocca di Seinfeld “È ancora divertente, ma l’hai completamente Seinfeldata!”.

E poi è CK a fare il verso a Seinfeld, usando però parte di un pezzo di Rock. Un bel gioco di rimpallo tra talenti che studiano la propria materia da anni e mostrano un rispetto e una curiosità reciproci che trovo invidiabili, sempre spinti a trovare qualcosa di divertente e possibilmente vero in ogni aspetto della vita.

“Fare ridere è il fine ultimo a se stesso.” Seinfeld

La battuta sullo stupro la usano come esempio di come si possa toccare ogni argomento, sottolineando come per un comico il punto non sia tanto se è lecito fare una battuta su un certo argomento ma se si è in grado di farlo senza scivolare dalla parte sbagliata della risata. Un problema di cui sentono la responsabilità portandoli a ragionarci sopra usando esempi e controesempi di come sia un terreno minato in cui il comico decide coscientemente di avventurarsi.


“Penso che un aspetto grandioso della comicità sia che puoi prendere le persone e portarle in zone che mettono loro paura e farle ridere a proposito di certi argomenti. Puoi aiutarle.” CK

Il tutto supportato dalla tecnica di chi passa la vita sui palchi girando di città in città piuttosto che in uno studio televisivo e deve imparare osservando quelli prima di lui e provando di sera in sera a rendere migliore il proprio repertorio dal vivo. Dalla difficoltà nel trovare il giusto ritmo nel proprio spettacolo, a quello di decidere con quale pezzo aprire fino alla scelta di essere più o meno sboccati.

Seinfeld “Ho usato fuck solo una volta in tutta la mia carriera.”

CK “Uso il termine merda spesso ma cerco di inserirla qua e là nello spettacolo. Non voglio che ci sia un unico grosso pezzo di merda tutto insieme.”


O quella di trovare la parola giusta che funzioni al meglio per rendere il senso, il ritmo e l’atmosfera della battuta che hanno in mente.

Tutte decisioni che determinano la differenza profonda che c’è tra questi comici, sia in quello che decidono di raccontare ma anche in quello che trovano comico e divertente. Perché se ognuno di loro tenta di parlare di cose che reputano importanti, sono i primi a trovare divertenti battute senza senso e ridicole, come quella a cui mi riferisco nel titolo del post. E che, di nuovo, vi tocca vedere e ascoltare per poterla apprezzare. Soprattutto perché i quattro ci ricamano sopra per qualche minuto, ed è interessante vedere come ognuno reagisca alla battuta e cosa ne pensi.

Per quanto mi riguarda l’ho visto una dozzina di volte e ci trovo sempre spunti interessanti sui cui rimuginare quando mi pongo questioni sul riuscire a scrivere robe divertenti. 

“Ci sono pezzi che ho tirato su per tecnica e istinto ma in cui non credo, per cui li tolgo dallo spettacolo. Perché mi rendo conto che funzionano perché so come si fa stand-up, non perché è qualcosa che considero importante.” CK


E poi, ripeto, è molto divertente. Trovate lo speciale su Youtube, qua sotto. 

lunedì 2 dicembre 2013

Un requiem per il romanzo giallo

"...a dire il vero io non ho mai avuto una grande stima per i romanzi polizieschi, e mi rincresce che anche lei se ne occupi. Tempo sciupato. Ciò che lei ha raccontato ieri nella sua conferenza non era affatto male, anzi; da quando gli uomini politici deludono in misura tanto grave - e io ne so qualcosa, sono un uomo politico anch’io, consigliere nazionale, come forse saprà (non lo sapevo affatto, sentivo la sua voce come venisse da lontano, trincerato dietro la mia stanchezza, ma attento come una bestia nella tana) - la gente spera che almeno la polizia sappia mettere ordine nel mondo, benché io non possa immaginare nessuna speranza più pidocchiosa di questa. Ma purtroppo in tutte queste storie poliziesche ci si infila sempre anche un’altra ciurmeria. Non mi riferisco solo alla circostanza che tutti i vostri criminali trovano la punizione che si meritano. Perché questa bella favola è senza dubbio moralmente necessaria. Appartiene alle menzogne ormai consacrate, come pure il pio detto che il delitto non paga - mentre basta semplicemente considerare la società umana per capire dove stia la verità a questo proposito -, ma lasciamo correre tutto questo, se non altro per un principio puramente commerciale, dato che ogni pubblico e ogni contribuente ha diritto ai suoi eroi e al suo happy ending, e tanto noi della polizia quanto voi scrittori di mestiere siamo tenuti a fornirlo nella stessa maniera. No, quel che mi irrita di più nei vostri romanzi è l’intreccio. Qui l’inganno diventa troppo grosso e spudorato. Voi costruite le vostre trame con logica; tutto accade come in una partita a scacchi, qui il delinquente, là la vittima, qui il complice, e laggiù il profittatore; basta che il detective conosca le regole e giochi la partita, ed ecco acciuffato il criminale, aiutata la vittoria della giustizia. Questa finzione mi manda in bestia. Con la logica ci si accosta soltanto parzialmente alla verità."

La promessa - Un requiem per il romanzo giallo - Friedrich Durrenmatt - 1958