martedì 27 maggio 2014

Sotto una luna d'argento senza mattino.

1880, nel New Hampshire. Strane morti, mostri nel bosco, sceriffo che non sa che pesci pigliare, bella donzella che decisamente non è in pericolo, cacciatore di taglie, romanziere eccentrico, indiano magico. Vi attira?

Ma soprattutto, vi attira il weird western?  Tipo il western, ma con tinte horror, sovrannaturali, gotiche o robe simili. Ora, non è che basti prendere un western, infilarci dentro gli zombie, o i vampiri o cthulhu e BOOM c’hai il weird western li, pronto. Perché, e qua si tratta di una visione mia personale, il weird è un po’ come il noir: si tratta più di un attitudine, di un atmosfera o di una sensazione che di un genere davvero ben definito, codificato e con paletti e cliché molto molto standardizzati. Un terreno di gioco in cui bisogna muoversi tra varie basi nel tentativo di rendere una sensazione che sia appunto fuori dalla norma, un po’ morbosetta, con punte che più che di paura magari siano di fastidio e mancanza di ordine e senso compiuto. 


Ammesso che siano atmosfere che vi garbano, Luna d’argento, scritto e disegnato da Eric Herenguel, secondo me funziona non male nel riuscire a tirarle fuori. Usando in maniera efficace un umorismo che attraversa tutto il fumetto dall’inizio alla fine, in particolare nella figura dello sceriffo: sbruffoncello, invaghito della bella e misteriosa Kathy giunta all’improvviso in città, un uomo retto che tenta in qualche modo di tenere retta la sua città di fronte a eventi mortali che capisce e non condivide e altri sovrannaturali che semplicemente non capisce. Ma non capire qualcosa non è un buon motivo per smettere di fare la cosa giusta o almeno provarci. Magari deridendolo per farsi un filo di coraggio.


L’umorismo dello sceriffo, usato come meccanismo di difesa per affrontare le situazioni di nervosismo o confusione, aumenta per contrasto l’atmosfera che si fa sempre più malsana e tesa nella storia. Una serie di omicidi brutali rompe il tran tran della classica cittadina tranquilla montando l’isteria della collettività. I colpevoli sembrano essere animali selvaggi della foresta, o il solito indiano stregone. O tutti e due? Certo che sti animali, con quest’aspetto da bestia infernale, non convincono nessuno. E poi ad ascoltare il prete che parla di giudizio divino e angeli vendicatori...


Insomma, mentre l’aspetto sovrannaturale prende la sua forma e occupa sempre più spazio, mentre la violenza degli omicidi non si ferma, mentre i cittadini di rispettata tempra morale si mostrano facili alla pistola e un cacciatore di taglie arrivato da fuori che cita le fiabe di Perrault decide che il colpevole è lo sporco indiano, il nostro sceriffo cerca di reggere con battute e osservazioni che si fanno sempre meno divertite e sempre più sentinelle del suo essere impermeabile al concetto di sovrannaturale ma pragmaticamente aperto ad accettare quanto di strano gli si spalanca di fronte agli occhi. Se una porta si apre e ti mostra qualcosa che non può esistere, puoi anche non crederci ma è meglio se agisci per salvarti la pelle.


Insomma, una storia che se ha un sacco di elementi già visti e già sfruttati (uno su tutti di cui avrei fatto volentieri a meno è al questione dei Templari) e paga i debiti ai soliti autori noti del sovrannaturale, se la gioca secondo me molto bene nel reparto atmosfera: si sorride spesso ma senza mai dimenticare che si è sull’orlo di qualcosa di bruttissimo e cattivo.

Inoltre il design delle bestie che vedete nelle immagini che ho aggiunto al post, a me piacciono un casino. Ma pure qui, questione di gusti. Ah, costa 7euro, che mi pare un prezzo onestissimo per 120 pagine a colore brossurate.  

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