martedì 22 agosto 2017

[Dietro le quinte] Il Battesimo - Sceneggiatura di Davide Costa - Disegni di Francesco Segala - Supervisione lettering di Maria Letizia Mirabella

Ho scritto una tavola autoconclusiva, Francesco Segala l'ha disegnata e Maria Letizia Mirabella ne ha supervisionato il lettering. Qua sotto vi mostro subito la tavola finita, e più giù la sceneggiatura e un po' di dietro le quinte.

Clicca che s'allarga
Sono molto contento di aver collaborato con Francesco e Maria Letizia, stanno entrambi facendo un bel po' di cose belle e interessanti e vi riamndo ai loro siti per scoprirne alcune, basta cliccare sui loro nomi.

Qua sotto invece vi lascio la sceneggiatura della tavola, se l'immagine è poco leggibile potete scaricarla in pdf da questo link.

Clicca che s'allarga.
Scrivendola, il dubbio su cui mi sono fermato di più è stato: come gestisco i flashback? Per parecchio non mi sapevo decidere se usare l'alternanza che vedete nella tavola finita, oppure usarne una che, disegnata, sarebbe risultata ad X, quindi scambiando di posto le vignette 3 e 4 tra di loro. Parlandone anche con Francesco mi sono deciso che la soluzione finale è quella che funziona meglio. Dal layout agghiacciante fatto dal sottoscritto che vi lascio qua sotto, potete vedere che il dubbio sui flashback mi ha preso da subito abbozzando la tavola.




Le scelte cromatiche che vedete nella tavola sono tutte di Francesco, sia l'uso del rosso dominante nei flashback che la "sottolineatura" nella cicatrice e nella bomba. Scelte a cui non avevo pensato e che trovo molto molto efficaci, ma dopotutto Francesco è anche colorista e si vede quanta attenzione ci metta nell'usare il colore non per riempire ma per raccontare. 

Vi lascio in chiusura i layout usati da Francesco per disegnare la tavola, nonché una foto usata come reference per caratterizzare la protagonista, ovvero l'attrice Melissa George.










La sceneggiatura l'ho spedita in anteprima agli iscritti della mia newsletter, Appunti dai tavolini di un bar. Nella mewsletter parlo del mio lavoro, di cose in preparazione, di cose che mi interessano e molto spesso spedisco la sceneggiatura di una tavola autoconclusiva. Caso mai vi andasse, potete iscrivervi a questo indirizzo inserendo la vostra mail.

mercoledì 9 agosto 2017

Dietro le quinte di Chi si somiglia si piglia - sceneggiatura di Davide Costa e disegni di Lorenzo Magalotti

Ho scritto una tavola autoconclusiva e Lorenzo Magalotti è stato così gentile da disegnarla. Più sotto trovate la sceneggiatura che ho scritto, e in chiusura del post una versione alternativa della sceneggiatura dell'ultima vignetta. La tavola disegnata da Lorenzo invece ve la beccate subito. Il titolo è Chi si somiglia si piglia.



La tavola l'abbiamo spedita a La Vetta del Terrore, un concorso per fumetti horror creato, curato e coordinato da Mortimer Cobold, losco figuro che mi ha spedito un invito a partecipare. Per fortuna ho trovato un perfetto compagno di ventura in Lorenzo, per cui potete leggere la nostra tavola sulla pagina ufficiale di La Vetta del Terrore, a questo indirizzo. E una volta lì, gironzolate per la pagina che iniziano a esserci diversi fumetti molto interessanti.

Mortimer ha deciso di smembrare la tavola in quattro pezzi, non so se per dilettare il suo lato sadico da organizzatore horror o altro. Trovo comunque interessante poter leggere la tavola in due versioni, e come rimanga ben leggibile e coerente in entrambi i casi. Penso che questo sia possibile grazie al gran bel lavoro svolto da Lorenzo coi suoi disegni e la sua regia chiara e precisa.

L'abbacinante bellezza di Lorenzo e dei suoi layout.

La sceneggiatura, che potete leggere qua sotto e che trovate in formato pdf qua, l'ho scritta qualche settimana fa, come esercizio sulla tavola a 12 vignette tutte di identica dimensione. 




Come dicevo in apertura del post, ecco una versione alternativa dell'ultima vignetta:


La differenza risiede solo nell'uso di un dialogo anziché di una dida. Nella tavola finita ho preferito la dida perché mi piace l'ambiguità che dona alla tavola. Non sappiamo bene quando l'impostore/sosia del protagonista dice quelle frasi. Magari le ha dette prima di legare il tizio come un salame, magari gliele dice dopo. Magari non ha detto una parola e le pensa e basta. Inserendo invece una battuta nell'ultima vignetta le cose si fanno più chiare e dirette.

Io preferisco la prima opzione, ma mi piaceva mostrarle entrambe in questo dietro le quinte. Dietro le quinte che è stata letto in anteprima da tutti gli abbonati di Appunti dai tavolini di un bar, la mia newsletter che spedisco ogni domenica da 38 settimane filate. La uso per parlare del mio lavoro, di cose che mi piacciono e di riflessioni, un po' abbozzate un po' in divenire, sulla narrativa e altre cose. Inoltre ci inserisco (quasi) sempre la sceneggiatura di una tavola autoconclusiva e alcune di queste tavole, a volte, vengono poi disegnate. Per cui se siete curiosi potete iscrivervi alla newsletter andando a questo link e inserendo il vostro indirizzo mail nell'apposita casella.

lunedì 17 luglio 2017

Il Bus di Paul Kirchner è una striscia a fumetti molto particolare

C’è un tizio che aspetta l’autobus. Come premessa per una striscia a fumetti non sembra tra le più stimolanti. Eppure Paul Kirchner ne ha tirato fuori The Bus, una delle strisce comiche più interessanti che abbia letto, apparsa su Heavy Metal a partire dal 1979. Per farvi davvero un’idea del lavoro di Kirchner la cosa migliore è leggere le strisce che ho selezionato lungo questo post, o andare in questa gallery dove ne trovate parecchie.

Considerarla solo una striscia comica penso sia un disservizio al lavoro di Kirchner. Di sicuro un bel numero di strisce hanno un’impronta umoristica parecchio marcata giocando sulle aspettative del lettore e sui cliché dell’autobus come luogo-nonluogo che bene o male conosciamo tutti. Ma spesso Kirchner si diverte a usare le sue influenze di scuola surreale con rimandi più o meno espliciti ai maestri della pittura, usando il bus, la fermata, la strada e la città come elementi che a volte si fondono tra loro, a volte si compenetrano, a volte diventano la striscia o la vignetta.
Mi diverte molto il suo approccio parecchio rigido alla gabbia della striscia, che è quasi sempre divisa in vignette tutte uguali tra di loro, che gli permettono di giocare sul contenuto delle singole vignette e della striscia nel suo complesso, creando loop infiniti tra la prima e l’ultima. O, in alcui casi, anche giocando col senso di lettura della striscia che, se disorienta l’anonimo protagonista, rimane mi pare sempre molto leggibile e chiara al lettore.

Ed è questo un altro aspetto che mi piace molto di come Kirchner disegni le sue strisce di The Bus: sia che si tratti di battute leggere o di momenti più cerebrali e surreali, direi che non bara mai nei confronti del lettore con soluzioni del tutto campate in aria e inconcludenti. Ci sono sempre un rigore e una costruzione a monte che secondo me aumenta il senso di sbilenca realtà irreale in cui si muovono l’anonimo protagonista, il bus e il conduttore. E il fatto che riesca a fare tutto questo usando quasi sempre strisce mute è per me ammirabile.

Roba da godersi ma pure da rileggere con calma e studiare. Io mi sono comprato i due volumi editi da Tanibis Editions, cartonati che raccolgono anche le strisce più recenti. Kirchner infatti smise di lavorare a The Bus quando la rivista Heavy Metal passò dalla mensilità alle quattro uscite annuali, dicendo che gli pareva di iniziare a sentire un po' di affaticamento nel mantenere la sua creazione fresca e interessante. Avendo letto il secondo volume con le strisce nuove, direi che il periodo sabbatico interrotto nel 2013 non solo non lo ha fatto arrugginire dal punto di vista tecnico, ma di sicuro gli ha fatto passare la sttanchezza creativa. Ammesso ce l'abbia mai davvero avuta.

giovedì 8 giugno 2017

Scrivere fumetti: la stessa tavola sceneggiata in tre modi diversi.

Una frase che incontrate spesso se seguite gente che fa un lavoro creativo è "Non importa l'idea, importa come la esegui.". In questo post vi allungo le sceneggiature di tre tavole autoconclusive basate tutte sulla stessa idea: secondo me la terza è quella che funziona meglio, ma decidete voi quale preferite.

Due di queste, la versione 2.0 e la versione 3.0, le ho spedite nelle ultime settimane agli abbonati della mia newsletter, Appunti dai tavolini di un bar. Ho pensato però che potessere essere interessante vedere anche la versione 1.0, quindi le ho raccolte qua sotto. Ma la faccio breve e vi mostro le tavole. Il titolo è lo stesso per tutte, CONSEGUENZE.



CONSEGUENZE 1.0



In caso sia illeggibile, qui trovate la versione in pdf.

CONSEGUENZE 2.0
In caso sia illeggibile, qui trovate la versione in pdf.


CONSEGUENZE 3.0
In caso sia illeggibile, qui trovate la versione in pdf.

Come potete leggere, la differenza tra la 1.0 e la 2.0 è tutta nelle didascalie. Nella seconda versione ho preferito eliminare la voce narrante del protagonista. Nonostante le frasi mi piacciano, ho l'impressione che diano una chiave di lettura troppo precisa alla tavola. Per questo motivo nella seconda versione sono solo le immagini a raccontare quel che succde, spero in maniera comprensibile.

Rileggendo la 2.0 e iflettendoci sopra, ho pensato che il punto centrale della tavola è quanto accade alla maschera, per cui nella terza versione ho deciso di concentrare l'attenzione su di lei. Ho quindi cambiato alcune delle immagini ambientate nel presente, mantenendo inalterati i flashback. Sempre senza parole, perché credo sia abbastanza comprensibile anche muta.

Certo, se siete fan del wrestling o della Lucha Libre in particolare, è probabile che cogliate al volo quanto sia drammatico lo strappo della machera per un luchador. Però viviamo in tempi in cui i tizi mascherati la fanno da padrone al cinema e in tv, quindi penso che il senso di un simbolo identitario che viene distrutto possa essere decifrabile da molti.

Questo fa sorgere una delle domande che chi racconta storie deve sempre ricordare: a che pubblico mi rivolgo? All'appassionato di un certo argomento, che non ha bisogno di essere introdotto allo stesso, oppure a quello generico, che magari non ne sa una mazza?

Trattandosi di una tavola che scrivo soprattutto per me e per esericizio, ho deciso di rivolgermi a un ipotetico appassionato. Se si trattasse di una tavola scritta su commissione per una pubblicazione generica, opterei probabilmente sempre per la versione 3.0, perché le sue immagini mi convincono di più, ma credo inserirei, con qualche adattamento, il testo della 1.0 per evitare disguidi.

Perché va bene non essere didascalici, ma essere incomprensibili è meglio di no.

Poi è chiaro che il giudice finale è sempre il lettore. Quindi decidete voi quale versione sia più comprensibile ed efficace.

Se avete voglia di iscrivervi alla newsletter non dovete fare altro che andare qui e inserire il vostro indirizzo mail. Ogni domenica, finché mi regge, riceverete una mail con qualcosa di sceneggiato da me e un paio di appunti su cose che scrivo, leggo e vedo. 

Oltre all'occasionale riflessione o aneddoto sul wrestling. Lo so, non lo avreste mai immaginato.

giovedì 11 maggio 2017

Scrivere e disegnare fumetti: una sceneggiatura, due disegnatori, nove vignette

Ho scritto una tavola autoconclusiva usando una gabbia a 9 vignette, e due disegnatori molto bravi e molto gentili l'hanno disegnata. Sono Sergio Vanello (qui trovate il suo sito) e Luca Marcenaro (qui trovate il suo sito). Ognuno ha disegnato la tavola in completa autonomia, usando il proprio stile, la propria sensibilità e le proprie competenze di narratore. Ne sono uscite due tavole tanto diverse quanto ugualmente efficaci. Piuttosto che soffermarmi a sottolineare somiglianze e differenze, preferisco mostrarvele, insieme alla sceneggiatura scritta da me, così potete godervele e studiarvele con calma scoprendo da voi i dettagli. Eccole:

Disegni di Sergio Vanello. Clicca per ingrandire



Disegni di Luca Marcenaro. Clicca per ingrandire

Ed ecco la sceneggiatura su cui è basata:


Clicca per ingrandire.


Trovo sempre stimolante vedere come un disegnatore decida di interpretare una sceneggiatura. Anche in una tavola breve si possono notare scelte narrative, a livello di inquadrature, dettagli, recitazione dei personaggi o altro, che sono state fatte per raccontare al meglio la storia. Parlo di scelte narrative perché, per come la vedo io, chi disegna fumetti basandosi su sceneggiature altrui è altrettanto narratore di chi le scrive. In un linguaggio estremamente visivo come è il fumetto, pensare che il disegnatore sia solo un mero esecutore significa non aver ben chiaro come i fumetti si facciano, e nemmeno come funzionino a livello teorico e pratico.

La sceneggiatura l'ho pubblicata, in origine, nella mia newsletter, Appunti dai tavolini di un bar, su cui da qualche mese mi diverto a raccontare parte del mio lavoro e parte delle cose che mi interessano. Tra queste parti, ci sono diverse sceneggiature di tavole autoconclusive: ora come ora ne ho pubblicate 11 (se non sbaglio i conti) e ho intenzione di portare avanti questo esercizio. Per me è interessante utilizzare la newsletter come banco di prova per sperimentare un po' con formati e temi che mi incuriosiscono, e se alla lunga ne nascono collaborazioni come questa con Sergio e Luca, è tutto tempo speso benissimo.

In caso vogliate iscrivervi alla newsletter, potete farlo a questo indirizzo, mentre qua trovate l'archivio con le mail spedite fino a oggi, così potete farvi un'idea dei contenuti e decidere se iscrivervi o meno.

Un grandissimo grazie a Sergio e Luca per aver disegnato questa tavola, hanno fatto entrambi un gran lavoro e mi hanno dato modo di fare un passetto avanti col mio lavoro. Perché se scrivere, prendere appunti e sceneggiare è essenziale, vedere poi il fumetto fatto e finito non è solo una figata, ma pure un momento di studio e autocritica.

martedì 21 marzo 2017

Una battuta è nulla, senza un ritmo controllato

La differenza tra una battuta efficace e una battuta che non funziona sta molto spesso nel suo ritmo e nei suoi tempi. Certo, spesso è l'idea alla base della battuta a decretarne la genialità, ma un bello spunto mal sfruttato lascerà quasi tutti indifferenti e cadrà quasi sempre nel dimenticatoio.

Per puro caso (cazzeggiando ho trovato la gif che trovate più giù) mi è venuto sotto mano un esempio per illustrare questo punto, ed è legato a una delle battute più semplici ma più divertenti che abbia mai visto, tratta da Una pallottola spuntata. Vi linko il video che la racchiude, dandovi solo un po' di contesto: il tenente Drebin sta cercando un importante documento per incastrare il cattivone di turno. Ecco il video:


A me è rimasta così tanto impressa che, ormai, se sento parlare di Bingo mi suona in testa la voce di Drebin, a prescindere dal contesto.

Ma torniamo ai tempi comici e alla messa in scena. Qua sotto vi metto una gif animata della stessa battuta. Notate però la scritta che è stata aggiunta.



Ora, secondo me nella versione del video le cose funzionano grazie alla sequenza degli eventi: Leslie Nielsen apre di soppiatto un cassetto, trova qualcosa che noi non vediamo, ma la sua espressione colpita e il fatto che usi la classica esclamazione di chi ha trovato qualcosa di utile, ci portano ad aspettarci una rivelazione importante. Trattandosi di una commedia che sfotte tutti i cliché del poliziesco e altri generi, come appunto certe frasi fatte, scopriamo poi trattarsi solo di una cartella del Bingo, del tutto inutile ai fini dell'indagine, ma perfetta per il tono delirante del film. 

Gli autori mettono tutto in sequenza in modo da creare un'aspettativa che poi disattendono, che è uno dei capisaldi della comicità.

Nell'ipotetica versione della gif invece tutto questo non succede, perché Debrin apre di soppiatto il cassetto, trova qualcosa che noi non vediamo e lo colpisce, ce lo mostra facendoci vedere che si tratta di una cartella del Bingo e solo allora dice "Bingo!", ma a quel punto noi già sappiamo di che si tratta, quindi l'effetto è solo ridondante e pure un po' confuso.

Se gli autori del film avessero inserito la battuta di Nielsen dopo la rivelazione della cartella del Bingo, avrebbero bruciato una bella intuizione con una esecuzione raffazzonata.

Approfitto del post per ricordavi che Una pallottola spuntata è nato come telefilm, e vi consiglio di recuperare la serie che per certi versi è più delirante dei lungometraggi.


venerdì 3 febbraio 2017

Come leggere una sceneggiatura per fumetti, prima di scrivere a caso

Per imparare a scrivere fumetti bisogna leggere un sacco di fumetti. E bisogna leggere un sacco di sceneggiature per fumetti. Ma come si legge una sceneggiatura per fumetti? 

Una domanda lecita e ovvia, ma che non mi era mai venuta in mente. Per fortuna un paio di persone che seguono la mia newsletter me lo hanno chiesto dopo aver letto la sceneggiatura di una storia breve che ho spedito loro. Non avevo pensato che per alcuni potesse essere la prima occasione di leggere una sceneggiatura per fumetti. 

Per ovviare al problema ho scritto una tavola auotoconclusiva e ho inserito nel testo la spiegazione dei termini usati, della formattazione e di cosa indicano i vari paragrafi. La trovate qua sotto come immagine, e qui come pdf da scaricare. 



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Spero sia chiara, sottolineando che nel fumetto non esiste un unico modo di formattare il testo di una sceneggiatura, ma ne trovate dei più disparati. Quello che uso io è quello che, con minime variazioni, mi è stato insegnato lavorando nel mercato italiano. Però, ripeto, non è l'unico. Inoltre qui sotto trovate una guida minima alla terminologia usata per indicare inquadrature e piani.

Come sopra, prendete questa mini-guida non come LaVeritàAssoluta™, ma solo come una... guida, giusto per farsi un'idea di come funziona e avere una base da cui partire per approfondire.

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Spero possano tornarvi utili. In ogni caso se volete sceneggiare fumetti vi invito a provare i metodi in cui incappate ma ad adattarli poi al vostro stile, sia di scrittura che organizzativo.