Si Natale è passato ma mi è capitata quest'immagine tra le mani all'improvviso e non volevo essere micragnoso durante le feste.
Ho fatto male?
Excerpts from the Death Cell Interview with Bronso of IX
Q: What led you to take your particular approach to a history of Muad'Dib?
A: Why should I answer your questions?
Q: Because I will preserve your words.
A: Ahhh! The ultimate appeal to a historian!
Q: Will you cooperate then?
A: Why not? But you'll never understand what inspired my Analysis of History. Never. You Priests have too much at stake to ...
Q: Try me.
A: Try you? Well, Again ... why not? I was caught by the shallowness of the common view of this planet which arises from its popular name: Dune. Not Arrakis, notice, but Dune. History is obsessed by Dune as desert, as birthplace of the Fremen. Such history concentrates on the customs which grew out of water scarcity and the fact that Fremen led semi-nomadic lives in stillsuits which recovered most of their body's moisture.
Q: Are these things not true, then?
A: They are surface truth. As well ignore what lies beneath that surface as ... as try to understand my birthplanet, Ix, without exploring how we derived our name from the fact that we are the ninth planet of our sun. No ... no. It is not enough to see Dune as a place of savage storms. It is not enough to talk about the threat posed by the gigantic sandworms.
Q: But such things are crucial to the Arrakeen character!
A: Crucial? Of course. But they produce a one-view planet in the same way that Dune is a one-crop planet because it is the sole and exclusive source of the spice, melange.
Q: Yes. Let us hear you expand on the sacred spice.
A: Sacred! As with all things sacred, it gives with one hand and takes with the other. It extends life and allows the adept to foresee his future, but it ties him to a cruel addiction and marks his eyes as yours are marked: total blue without any white. Your eyes, your organs of sight, become one thing without contrast, a single view.
Q: Such heresy brought you to this cell!
A: I was brought to this cell by your Priests. As with all priests, you learned early to call the truth heresy.
Q: You are here because you dared to say that Paul Atreides lost something essential to his humanity before he could become Muad'Dib.
A: Not to speak of his losing his father here in the Harkonnen war. Nor the death of Duncan Idaho, who sacrificed himself that Paul and the Lady Jessica could escape.
Q: Your cynicism is duly noted.
A: Cynicism! That, no doubt is a greater crime than heresy. But, you see, I'm not really a cynic. I'm just an observer and commentator. I saw true nobility in Paul as he fled into the desert with his pregnant mother. Of course, she was a great asset as well as a burden.
Q: The flaw in your historians is that you'll never leave well enough alone. You see true nobility in the Holy Muad'Dib, but you must append a cynical footnote. It's no wonder that the Bene Gesserit also denounce you.
A: You Priests do well to make common cause with the Bene Gesserit Sisterhood. They, too, survive by concealing what they do. But they cannot conceal the fact that the Lady Jessica was a Bene Gesserit-trained adept. You know she trained her son in the sisterhood's ways. My crime was to discuss this as a phenomenon, to expound upon their mental arts and their genetic program. You don't want attention called to the fact that Muad'Dib was the Sisterhood's hoped for captive messiah, that he was their Kwisatz Haderach before he was your prophet.
Q: If I had any doubts about your death sentence, you have dispelled them.
A: I can only die once.
Q: There are deaths and there are deaths.
Un uomo entra nell'ufficio di un agente teatrale e gli dice:
"Ho messo su un numero con la mia famiglia. Io e mia moglie entriamo in scena, scopiamo come cani, ci ingroppiamo i nostri figli, ci caghiamo in faccia l'un l'altro e finiamo con una pisciata di gruppo sul nostro cane danzante!"
"Non male. Come si intitola, lo spettacolo?"
"Gli Aristocratici!"
Detta così non è divertente. Perchè le barzellette, come tutte le storie, bisogna saperle raccontare. In un certo senso la barzelletta, la battuta, è l'esempio più breve e perfetto di quanto sia importante non solo cosa racconti ma come lo racconti.
The Aristocrats è un documentario che mostra proprio questo. Per un'ottantina di minuti ci viene ripetuta continuamente la stessa barzelletta che vi ho scritto qua sopra. L'unica cosa che non cambia (quasi) mai è la battuta finale "Gli Aristocratici!"
Ogni comico o comica intervistato interpreta però in maniera differente la parte centrale della barzelletta. Alcuni minimizzano la volgarità preferendo situazioni surreali, altri spingono al massimo l'aspetto sessuale. Alcuni ci infilano dentro di tutto: incesto, bestialità, coprofagia, infanticidio.
Perchè come dice di nuovo George Carlin
"There is no legal system in a joke."
Il documentario mostra anche come comici di epoche, formazione e sesso diverso si pongano di fronte alla volgarità. Termini considerati da censura 50 anni fa ora le sentiamo in ogni episodio di South Park. Epiteti razzisti una volta all'ordine del giorno ora possono causare la fine di una carriera. A seconda del pubblico che si ha di fronte e del proprio stile, ogni comico decide come giocarsela.
Ognuno mette del suo nel racconto della barzelletta. Come dice Penn Jilette:
"It's the singer, not the song!"
Magari vi vengono in mente cover orrende di canzoni che amate. Di solito capita così ma è probabile che vi sia capitato almeno una volta di ascoltare una cover che vi piace di più dell'originale. Perchè chi fa la cover in qualche modo riesce a comunicare con voi in maniera più efficace dell'autore originale. A me è capitato con Hurt. La cover di Johnny Cash mi lascia ogni volta con la pelle d'oca. L'originale dei Nine Inch Nails mi lascia sempre indifferente.
Per cui ascoltando i comici che vengono intervistati lungo il video riuscirete a notare il loro stile nonostante la battuta sia la stessa. Ascoltate George Carlin, Eddi Izzard, Gotlieb e Steven Wright. Ognuno di loro la rende diversa, infila nella punteggiatura del racconto parte del proprio stile o delle proprie tematiche. E nel nutrito gruppo di comici di sicuro ne troverete almeno uno che la saprà raccontare nel modo che riesce a far ridere voi, mentre altri vi lasceranno con un'espressione media stampata in faccia. Se non di disgusto e fastidio.
Uno dei comici intervistati dice
"Il tipo di volgarità che il comico inserisce nella barzelletta dice molto della persona che la racconta. Se indulge molto nella bestialità, non lasciategli il cane quando andate in vacanza."
Probabilmente vale anche per chi la barzelletta l'ascolta. La volgarità o meno di determinati termini o temi è strettamente collegata alla morale e al vissuto di ciascuno. E questi possono più o meno variare nel tempo, spinti dalla pressione sociale o da avvenimenti di qualsiasi tipo. Poche settimane dopo l'11 settembre, a una serata di gala di comici, Gilbert Gottfried tent˜ una battuta su voli di linea e bombe. Nessuno rise e dal pubblico si alzò una voce:
"Too soon, man!"
"Troppo presto, amico!"
Gottfried decise di salvarsi raccontando Gli Aristocratici.
In questo senso il documentario se racconta la storia di questa particolare barzelletta, affronta quesiti interessanti e fondamentali non solo per la comicità tutta ma per il racconto in ogni sua forma. Chi decide cosa si possa raccontare e in che modo possa essere raccontato? Cosa rende un racconto pi efficae di un altro? Che cosa è troppo volgare o sacro e perchè dopo un po' non lo è più? Insomma roba interessante e che, a seconda del vostro senso dell'umorismo, fa sganasciare. Se poi siete intenzionati a fare ridere le persone, a prescindere dal vostro mezzo espressivo, sono domande che vi dovete porre prima o poi.
Lo potete vedere a spezzoni su Youtube, partendo dal video qua sotto.
E se come me avete problemi a comprendere l'inglese quando viene parlato a velocità smodata e con accenti e cadenze diverse, potete leggere la sceneggiatura qua.