Anni di Tetris danno i loro frutti. |
lunedì 31 dicembre 2012
Lo scaffale dei ricordi futuri - O del perché nel 2013 non comprerò libri
mercoledì 7 novembre 2012
Movember - Cresciti il baffo e parla di cancro
Ora, all'italiano medio non piace uscire i soldi. Mai. Per cui se non avete voglia di fare una donazione, per lo meno potete informarvi un po' sulla prevenzione del cancro alla prostata e ai testicoli.
Per quanto riguarda quello ai testicoli vi rimando al post dell'anno scorso, ci trovate due video che trovo interessanti, informativi e chiari sull'autopalpazione. Ingoiate eventuali paure e buttateci un occhio. La prevenzione aiuta e in molti casi salva. Il post coi video è qua. Le mani ce le avete e ora sapete come usarle non solo per grattarvi e farvi i rasponi.
Controllare la prostata da soli è invece difficile se non impossibile, data la sua sede. Non sai dove si trova? C'abbiamo le immagini, direttamente da Wikipedia:
Sulle note di---> The time has come to Push the button |
Però, siamo adulti, comportiamoci come tali. E poi, magari siete dotati di grande mobilità articolare e riuscite a farcela da soli senza slogarvi una spalla o il polso. Ma anche riuscendoci, non so quanto sareste in grado di capire al tatto se la vostra prostata è sana o meno. Per cui, fidatevi del vostro dottore e apritevi a lui.
Il cancro alla prostata tendenzialmente viene agli uomini over-50. Se siete giovani, invece di bullarvi, pensate ai vostri padri. Si, ci si imbarazza bla bla bla. Lo ripeto, o vi comportate da adulti, o non rompete i coglioni. Comprendo la paura, ma non giustifico l'infilare la testa sotto la sabbia. Parlatene e ditegli di parlarne col dottore di casa.
Ma tornando a Movember. Dato che la mia barba cresce con la rapidità delle file d'attesa alle poste, temo che a fine novembre più che un baffo avrò un terzo sopracciglio tra naso e bocca. Per cui mi sono premunito di aiuto posticcio da usare alla bisogna. Francamente, sto da dio:
Vedremo il primo dicembre che vergogna tricotica mi sarà spuntata. Nel frattempo, cercate info il più possibile corrette e fatele girare. E' utile e non costa nulla.
lunedì 27 agosto 2012
[NSFW] Interessante come guardare il fango che s'asciuga.
La modella si chiama Yara, nel remoto caso vogliate approfondire la conoscenza.
Remoto. Heh.
*Si lo so, paint non significa fango. E voi vi fissate su particolari insignificanti come il vostro pene.
domenica 26 agosto 2012
Good luck, Mr. Gorsky - RIP, Mr. Armstrong
Leggenda* vuole che Armstrong disse la frase "Good Luck, Mr. Grosky!" quando si trovava dal lato non pinkfloydiano della luna. Un corto animato illustra quello che pare sia stato l'arcano dietro alla frase di Neil.
Purtroppo non lo trovo su Youtube, per cui vi tocca andare a questo link e guardarvelo con uno streaming un po' scricchiolante. Si vede poco ma c'è l'opzione a tutto schermo, in alto a destra dello streaming.
*Ma a questo punto preferite credere alla leggenda divertente, o scoprire la banale verità?.
lunedì 16 luglio 2012
Prove tecniche di piegamenti sulla verticale - Handstand, ci sto arrivando.
Maglia della salute. A righe orizzontali. Chissà il pigiama con la patella sul culo. |
Ingoiando la paura di spaccarmi le spalle o rompermi il muso scivolando, un paio di giorni fa ho provato a fare la verticale e questo è il risultato:
Ficcherò gli alluci nei faretti, me lo sento. |
Però da qualche parte bisogna pur cominciare. Poi si tratta solo di fare un passo alla volta. Sulle mani. Per ora riesco a mantere quest'obbrobbrio di posizione per circa 5-6 secondi. Vediamo come andrà nelle prossime settimane. Tanto finché non riesco ad arrivare a una verticale davvero verticale e a tenerla per una 30ina di secondi, credo non tenterò mai di fare un push-up.
Se non mi slogo tutto vi tengo aggiornati.
lunedì 11 giugno 2012
Trazioni alla sbarra - si procede 1 kg alla volta ma si procede
La faccio breve: sono passato da 6 trazioni consecutive a vuoto a 10 ben fatte. Il massimale con zavorra è passato da 20kg a 22kg.
Sono contento per le trazioni a vuoto perché 10 ben fatte era il numero a chi miravo.
Però sono comunque progredito in avanti, il che è sempre una piccola conquista e pone l'obiettivo finale un passo più vicino.
Inoltre se penso che più o meno un anno fa non riuscivo a fare nemmeno una trazione a vuoto, tutto assume un'altra prospettiva.
Ora devo decidere se ripetere un ciclo dello stesso allenamento alla luce dei nuovi massimali, o provarne un altro. Qualsiasi cosa decida, vi farò sapere come procede.
mercoledì 6 giugno 2012
Questo picnic non mi è nuovo - Cosa VS Come
E' probabile che molti pensino subito a Matrix o a Il tredicesimo piano* o Dark City.
A me invece è venuto subito in mente un episodio di Ai confini della realtà che vidi da ragazzino. Si tratta del periodo a colori degli anni '80. Culo vuole che sia su youtube, dura poco meno di 10 minuti e ve lo linko qua sotto.
Si intitola Dreams for Sale, è del 1985. Decisamente simili, per essere buoni.
Anche la presenza delle gemelline un po' kubrikiane aiuta, come il "Mommy, mommy, mommy!" ripetuto in maniera ossessiva. Fatto sta che lo trovo più efficace e disturbante.
O magari è colpa del tono di Dreams for Sale che mi sembra un po' patetico.
Come ho letto non ricordo dove "Avere l'idea per primi non significa essere i più bravi a svilupparla" o qualcosa di simile.
*Il tredicesimo piano è basato su un romanzo del 1964 Simulacron-3 di Daniel Galouye
giovedì 31 maggio 2012
Paperi Volanti ovvero sono su Topolino
Eccomi in un disastroso tentativo di imitare l'espressione di Paperino. |
lunedì 21 maggio 2012
Baciami come Gene Wilder
Frankenstein Jr. è tra i pochi film che io guardo almeno una volta all’anno da che ho memoria. Ogni volta rido, o perché anticipo le battute che ormai so a memoria, o perché riesce ancora a stupirmi. Credo sia una delle storie che più mi abbiano influenzato a livello di umorismo. Influenza non cercata ne studiata, ma semplicemente assimilata.
Gilda, Sparkle, Gene. |
“Trascorse quasi due settimane intere al Mount Sinai Hospital con un sondino nasogastrico nel naso. Lo odiava, come tutti, ma non potevano rimuoverlo finché non ci fossero stati segni di ripresa della funzionalità intestinale. E il segno tangibile che i medici stavano aspettando era un’incontrovertibile scorreggia. Dopo dieci giorni lei produsse una piccolissima, graziosa scorreggia.”
Credo che in questo passaggio ci sia racchiusa buona parte della visione del mondo di Wilder. La capacità di cogliere aspetti ridicoli, dissonanti e grevi della vita, e di raccontarli con leggerezza e sincerità. Inoltre penso ne esca anche l’amore di Wilder per la moglie che, da li a poco, morirà.
Wilder cita tra le sue influenze Chaplin. Mi pare giusto, si deve guardare ai più grandi se si vuole anche solo sperare di essere poco più che mediocri nel proprio mestiere. L’insegnamento che desume da Chaplin è quello di non esagerare, non forzare, non strafare. Come dice Gene:
“Se l’azione o il gesto fisico che stai compiendo è divertente di per sé, non devi calcare la mano recitando in maniera buffa… Sii naturale e il divertimento aumenterà.”
Sono convinto ci sia del buono anche per chi scrive in questa frase.
“Poi capitò una cosa strana: circa un mese dopo comprai per la prima volta un preservativo. Non sapevo esattamente come usarlo; mi sembrava complicato. Mi chiedevo quando indossarlo di preciso, se occorresse chiedere l’aiuto della donna, quando toglierlo… Naturalmente, la domanda più calzante sarebbe dovuta essere: “Qual è la donna a cui chiedi, nel bel mezzo di una chiacchierata, di aiutarti a infilare un pezzo di gomma sul pene?”
A proposito, già all’epoca non pregavo più così tanto.”
Il suo rapporto col sesso e con l’altro sesso viene affrontato in maniera molto franca nell’autobiografia, raccontando dei matrimoni falliti e del rapporto difficile e sofferto con la figlia adottiva. Tutto quanto raccontato però senza patetismi e, per quel che si può capire sentendo una sola campana, in maniera molto sincera.
Quindi che abbia scritto Il più grande amatore del mondo, di cui è anche protagonista, sembra quasi un modo per raccontare e forse esorcizzare i suoi trascorsi di amante. Ad esempio racconta così un suo incontro da una botta e via con una certa Karla, in un periodo nerissimo del suo primo matrimonio.
“Ero sul punto di bussare alla porta di Karla, quando sentii la voce di un uomo provenire dall’appartamento, e poi anche quella di Karla. Pensai: Sarà un vicino, un parente, chissà? Bussai.
Venne ad aprirmi Karla. Scorsi quello che mi parve un uomo d’affari ben vestito che infilava la camicia nei pantaloni. Allungò una mano per prendere la sua giacca e Karla ci presentò. Non ricordo come si chiamasse, di lui ricordo soltanto il particolare della camicia.
L’uomo si congedò con molta educazione e Karla mi invitò a entrare e a mettermi a mio agio. (Avevo capito bene? Si supponeva che io dovessi pagarla?).
Mi offrì del caffé e poi mi invitò nella sua camera da letto, come se ci fossimo già messi d’accordo prima. Karla incominciò a spogliarsi. Dopo qualche goffo momento di titubanza, mi spogliai anch’io.
“Sai che c’è” mi fece “ultimamente sono diventata ninfomane.” Alla frase seguì una risatina.
“A questo punto della mia vita mi sento un po’ sola. Questo è quanto. Spero che non ti dispiaccia”.
“A me? No, certo che no” (Mio Dio che sto dicendo? Mi sembra di essere Woody Allen)
M’infilai nel letto insieme a lei, ci scambiammo qualche bacio e subito dopo lei se “lo” infilò dentro. Penso che a voler contare si sarebbe arrivati a sette-otto e poi boom!
Cercai di essere il più gentile possibile, compatibilmente con l’assurdità della situazione. E in effetti anche lei si sforzò di fare altrettanto. Volevo soltanto uscirmene. Dopo una serie di educati ringraziamenti, pronunciai un educato “Buonanotte, Karla” e me ne andai.”
Tutto un altro universo rispetto al rapporto con Gilda, che suggerì a Gene un titolo da usare prima o poi, Baciami come uno sconosciuto, poche settimane prima di morire. Wilder racconta di aver visitato spesso la tomba di Gilda, in compagnia del cagnolino Sparkle:
“Mi recavo al cimitero più volte a settimana solo per dire qualche parola a Gilda e per permettere a Sparkle di fare pipì sulla sua tomba. Sapevo che Gilda ne sarebbe stata felice.”
lunedì 14 maggio 2012
Trazioni alla sbarra - più zavorra per la vittoria!
giovedì 3 maggio 2012
Cancro e trapianto non mi rendono coraggioso.
domenica 8 aprile 2012
Buona Pasqua!
martedì 3 aprile 2012
[LO SPIEGA MEGLIO] Christopher Nolan e le scene d'azione.
Jim Emerson è un critico e studioso del cinema. Ha creato un video in cui sostiene che una sequenza d'azione di The Dark Knight di Christofer Nolan è zeppa di errori. Si tratta di quella in cui Harvey Dent viene scortato da un convoglio della polizia e attaccato dal Joker. L'arrivo di Batman salva la giornata. Il video lo trovate qua sotto e penso sia di sicuro interesse per chi è appassionato di cinema.
Vedere il video, se non sbaglio per una segnalazione di Elvezio, mi ha aiutato a chiarirmi come mai la sequenza mi avesse sempre lasciato un senso di confusione più che di suspense o eccitazione. La disamina di Emerson mi piace perché può essere vista come una piccola lezione sugli errori da non fare quando si deve ideare e mettere in scena una scena d'azione. Materiale ottimo sia per gli appassionati che per chi vuole provare a raccontare storie.
Emerson però non si limita a The Dark Knight, ma smonta anche una scena che a suo vedere funziona bene. Si tratta di un inseguimento tratto da Salt, il film action con Angelina Jolie del 2010. Il video è qua sotto ed è nuovamente una buona dimostrazione e spiegazione di come si può affrontare una scena rendendola efficace.
In the Cut, Part II: A Dash of Salt from Jim Emerson on Vimeo.
Io il film non l'ho mai visto ma devo ammettere che guardando il video un po' la voglia mi ha preso. Dall'analisi risulta come l'azione venga seguita passo passo, dando allo spettatore modo di capire cosa succeda e permettendogli di seguire l'azione più che di subirla.
Chiude il trio di lezioni un'analisi di The Lineup, film di Don Siegel del '54. Altro film che non ho mai visto ma che dalla sola scena mostrata pare essere invecchiato molto bene. Ho visto invece Bullit e Il braccio violento della legge, le cui sequenze d'inseguimento in macchina sono usate come altri esempi da seguire per tenere desta l'attenzione dello spettatore, spiegargli le cose per bene e soprattutto raccontargli una storia. Il video lo trovate qua sotto.
In the Cut Part III: I Left My Heart in My Throat in San Francisco from Jim Emerson on Vimeo.
Spero possano tornarvi utili o anche solo incuriosirvi e farvi guardare i film con un occhio più allenato e indagatorio.
lunedì 26 marzo 2012
Lisa Bufano is mentally fine
Non c'è trucco non c'è inganno |
martedì 6 marzo 2012
50/50 - Joseph Gordon Levitt & Seth Rogen contro Il Cancro
Inutile girarci intorno. |
GI Jane te lo sgrulla, amico. |
Frasi da non dire mai a chi ha il cancro. |
Bromance. |
"I don’t know why everybody’s so fucking scared to just say it, like, ‘you’re dying, dude.’ It makes it worse, that no one will just say it.” |
Rule 34 a parte, si intende. |
Detto questo, penso che comunque il film goda di interpretazioni molto buone soprattutto da parte di Levitt e Rogen. Quest'ultimo in particolare riesce a dire le sue battute atroci con il tono giusto che gli permette di far ridere senza sfociare nel ridicolo o nel forzato. E nonostante si percepisca la profonda amicizia che c'è tra i due, questa viene fuori dalle azioni e reazioni di uno nei confronti dell'altro invece che da momenti di stucchevole buonismo.
Certo, ci sono scampoli di cliché come i vecchietti arzilli che Levitt conosce durante la chemio, o la storia d'amore con la terapista che nasce durante la malattia e che intuiamo potrebbe funzionare una volta conclusosi il film. Si tratta di cliché gestiti abbastanza bene e risultano discretamente convincenti, grazie soprattutto a dialoghi che evitano quasi sempre frasi fatte e di circostanza e a situazioni che fanno più intuire che mostrare quello che pensa e prova il protagonista.
:iknowthefeelbro: |
Ma lo scopo del film non è mostrare quanto faccia schifo dal punto di vista fisico/fisiologico e possa essere ripugnante la malattia, per cui posso passarci sopra. Anche perché si riscatta evitando pietismo, scene strappalacrime (anche se un paio toccanti ci sono, ma di nuovo magari toccano me perché innestano ricordi) e non lesinando in umorismo.
A volte bisogna sentirselo dire. |
giovedì 1 marzo 2012
Corso di sceneggiatura a Genova
Settimana prossima parte la quarta edizione di Professione Sceneggiatore, il corso di narrazione tenuto da Sergio Badino.
Si tiene all'Accademia Ligustica e avete tempo per iscrivervi fino al 6 marzo, giorno d'inizio corso. Qua tutte le info.
Premesso che io e Sergio ci conosciamo da anni e che condividiamo lo stesso studio da qualche tempo, spendo due parole sul corso. Io l'ho seguito per tre anni di fila, per vari motivi.
Il primo anno avevo bisogno di rimettermi in moto dopo il periodo di malattia e ho pensato che un corso fosse uno sprone a ricominciare a fare. Perché scrivere è un'attività anche fisica. Così è stato, perché Sergio ha un approccio molto pratico alla scrittura. Si analizzano storie più o meno note per capire come funzionano, si studiano i principi della narrazione e soprattutto si scrive. Molto. Da una lezione all'altra c'è sempre un compito a casa da ideare, elucubrare e scrivere. Volendo sfruttare bene il corso, tocca prendere un ritmo costante alla tastiera, cosa che io avevo perso.
La pratica della scrittura è uno dei mattoni fondanti per chiunque voglia scrivere per lavoro. Questo martellare sulla pratica e sulla consegna dei compiti a casa di Sergio è stato ottimo per il sottoscritto.
Durante il corso inoltre ho avuto anche la fortuna di conoscere un po' di persone interessanti che amano la scrittura e con cui scambiare pareri sui propri lavori. Ed è un motivo in più per cui mi sono iscritto la seconda volta. Sentivo la necessità di mettermi in gioco con altri scrittori per imparare sia a scrivere meglio sia a saper discutere con sconosciuti del mio lavoro e del loro. Nel corso del corso ( heh ) si instaura una dialettica che ho trovato molto stimolante e utile. Si accumulano spunti, suggestioni e influenze che arricchiscono, non solo dal punto di vista professionale.
Inoltre durante secondo anno sono stato piacevolmente colpito da una cosa: Sergio ha rivisto e ricalibrato il corso mettendoci qualcosa di nuovo. Se la teoria si fonda su determinati principi che rimangono gli stessi, a cambiare sono gli esempi studiati per capire questi prinicpi. Per cui da un anno all'altro mi sono trovato a rivedere e smontare film diversi, a conoscere autori nuovi e soprattutto a dover fare compiti a casa radicalmente diversi dall'anno precedente. Credo sia un ottimo metodo per non rimanere fossilizzati sui propri orizzonti e provare a guardare più in là, che magari si scopre qualcosa che ci piace.
Motivo nuovo e foriero di cose interessanti per cui mi sono iscritto una terza volta, l'anno scorso. E sono convinto di aver fatto bene, perché ancora una volta ho conosciuto gente interessante con cui scambiare opinioni, ancora una volta Sergio ha fatto cose nuove che mi hanno fatto conoscere nuoti autori e nuove storie e ancora una volta ho dovuto fare un sacco di compiti, che mi hanno costretto a scrivere cose diverse dal solito facendomi usare stili e tecniche che non avevo mai provato. In sostanza, ogni anno mi sono trovato alla fine del corso più arricchito che all'inizio.
Per cui se vi interessa imparare a raccontare e avete voglia di mettervi in gioco, l'occasione è secondo me ghiotta.
lunedì 13 febbraio 2012
La mia cicatrice del trapianto di fegato.
Dato che come fotografo faccio discretamente cagare e non so quanto sia chiara la foto, ve la spiego. Si tratta di due cicatrici sovrapposte. Quella del trapianto è la più recente, è quella che sembra una Y rovesciata e passa dalla destra alla sinistra sul mio addome, salendo al centro verso lo sterno. Questa è stata fatta sulla precedente, quella della resezione epatica, che è sempre tipo una Y rovesciata, ma con solo il braccio in alto e quello alla sinistra di chi guarda. Poi qua e là si vedono i segni dei drenaggi post operatori e quello del drenaggio biliare da cui usciva il Tubo di Kher, che dal nome sembra un attrezzo da super eroe. Nella realtà è un tubicino di plastica che esce dall'addome, poco sotto le costole ad altezza fegato, per drenare la bile e che mi sono tenuto in loco per tre mesi. Comodissimo durante il sonno.
Non nego poi che mostrare la cicatrice non mi mette esattamente a mio agio, più per quello che mi ricorda che per l'aspetto estetico in se. Magari buttandola nel web e guardandola attraverso il monitor riesco a vederla in maniera più distaccata. O magari no. Ma se non provo non lo saprò mai.
Come minimo spero possa essere utile a chi dovesse per qualsiasi motivo farsi un'idea del percorso post-trapianto. Per altro la mia non è delle più belle, per cui nel caso non fatevi infartare.
lunedì 16 gennaio 2012
The robots of dawn - Isaac Asimov
He paused, straightened up, wiped the perspiration from his brow with the back of his hand, then looked dourly at the moisture that covered it.
"I hate sweating," he said to no one throwing it out as a cosmic, law. And once again he felt annoyance with the Universe for making something both essential and unpleasant.
One never perspired (unless one wished to, of course) in the City, where temperature and humidity were absolutely controlled and where it was never absolutely necessary for the body to perform in ways that made heat production greater than' heat removal.
Now that was civilized.
He looked out into the field, where a straggle of men and women were, more or less, in his charge. They were mostly youngsters in their late teens, but included some middle-aged people like himself. They were hoeing inexpertly and doing a variety of other things that robots were designed1to do-and could do much more efficiently had they not been ordered to stand aside and wait while the human beings stubbornly practiced.
Generated by ABC Amber LIT Converter, http://www.processtext.com/abclit.html
There were clouds in the sky and the sun, at the moment, was going behind one of them. He looked up uncertainly, On the one hand, it meant the, direct heat of the sun (and, the sweating) would be cut down. On the other hand, was there a chance of rain?
That was the trouble with the Outside. One teetered forever between unpleasant alternatives.
It always amazed Baley that a relatively small cloud could cover the sun completely, darkening Earth from horizon to horizon yet leaving most of the sky blue.
He stood beneath the leafy canopy of the tree (a kind of primitive wall and ceiling, with the solidity of the bark comforting to the touch) and looked again at the group, studying it. Once a week they were out there, whatever the weather.
They were gaining recruits, too. They were definitely more in number than the stout-hearted few who had started out. The City government, if not an actual partner in the endeavor, was benign enough to raise no obstacles.
To the horizon on Baley's right-eastward, as one could tell by the position of the late-afternoon sun-he could see the blunt, many-fingered domes of the City, enclosing all that made life worthwhile. He saw, as well, a small moving speck that was too far off to be made out clearly.
From its manner of motion and from indications too subtle to describe, Baley was quite sure it was a robot, but that did -not surprise him. The Earth's surface, outside the Cities, was the domain of robots, not of human beings-except, for those few, like himself, who were dreaming of the stars.
Automatically, his eyes turned back toward the hoeing star dreamers and went from one to the other. He could identify and name each one. All working, all learning how, to endure the Outside, and
He frowned and muttered in a low voice, "Where's Bentley?"
The robots of dawn - Isaac Asimov
lunedì 9 gennaio 2012
The Naked Sun - Isaac Asimov
Stubbornly Elijah Baley fought panic.
For two weeks it had been building up. Longer than that, even. It had been building up ever since they had called him to Washington and there calmly told him he was being reassigned.
The call to Washington had been disturbing enough in itself. It came without details, a mere summons; and that made it worse. It included travel slips directing round trip by plane and that made it still worse.
Partly it was the sense of urgency introduced by any order for plane travel. Partly it was the thought of the plane; simply that. Still, that was just the beginning of uneasiness and, as yet, easy to suppress.
After all, Lije Baley had been in a plane four times before. Once he had even crossed the continent. So, while plane travel is never pleasant, it would, at least, not be a complete step into the unknown.
And then, the trip from New York to Washington would take only an hour. The take-off would be from New York Runway Number 2, which, like all official Runways, was decently enclosed, with a lock opening to the unprotected atmosphere only after air speed had been achieved. The arrival would be at Washington Runway Number 5, which was similarly protected.
Furthermore, as Baley well knew, there would be no windows on the plane. There would be good lighting, decent food, all necessary conveniences. The radio- controlled flight would be smooth; there would scarcely be any sensation of motion once the plane was airborne.
He explained all this to himself, and to Jessie, his wife, who had never been air-borne and who approached such matters with terror.
She said, "But I don't like you to take a plane, Lije. It isn't natural. Why can't you take the Expressways?"
~Because that would take ten hours"-Baley's long face was set in dour lines- "and because I'm a member of the City Police Force and have to follow the orders of my superiors. At least, I do if I want to keep my C-6 rating."
There was no arguing with that.
Baley took the plane and kept his eyes firmly on the news-strip that unreeled smoothly and continuously from the eye-level dispenser. The City was proud of that service: news, features, humorous articles, educational bits, occasional fiction. Someday the strips would be converted to film, it was said, since enclosing the eyes with a viewer would be an even more efficient way of distracting the passenger from his surroundings.
Baley kept his eyes on the unreeling strip, not only for the sake of distraction, but also because etiquette required it. There were five other passengers on the plane (he could not help noticing that much) and each one of them had his private right to whatever degree of fear and anxiety his nature and upbringing made him feel.
Baley would certainly resent the intrusion of anyone else on his own uneasiness. He wanted no strange eyes on the whiteness of his knuckles where his hands gripped the armrest, or the dampish stain they would leave when he took them away.
He told himself: I'm enclosed. This plane is just a little City. But he didn't fool himself. There was an inch of steel at his left; he could feel it with his elbow. Past that, nothing- Well, air! But that was nothing, really.
A thousand miles of it in one direction. A thousand in another. One mile of it, maybe two, straight down.
He almost wished he could see straight down, glimpse the top of the buried Cities he was passing over; New York, Philadelphia, Baltimore, Washington. He imagined the rolling, low-slung cluster complexes of domes he had never seen but knew to be there. And under them, for a mile underground and dozens of miles in every direction, would be the Cities.
The endless, hiving corridors of the Cities, he thought, alive with people; apartments, community kitchens, factories, Expressways; all comfortable and warm with the evidence of man.
And he himself was isolated in the cold and featureless air in a small bullet of metal, moving through emptiness.
The Naked Sun - Isaac Asimov