Triple Threat Watch: in cui vi parlo di tre film in qualche modo collegati tra loro. Qua trovate l'intro al TTW, e qua sotto la terza entrata, dedicata a Mad Max Beyond the Thunderdome, del 1986. Qui la prima e qui la seconda.
Mad Max Beyond the Thunderdome
è un film strano, perché è fondamentalmente una commedia post-apocalittica per
tutta la famiglia. Messo vicino ai suoi due predecessori (e dal poco che ho
visto anche dal suo successore Fury Road) stride fortissimo per quanto riguarda
il tono e l’atmosfera generale. Però è comunque coerente con i suoi fratelli,
se pensiamo all’ambientazione, ai personaggi e alle regole che li governano.
Provo a spiegarmi.
Ci sono di nuovo quegli
elementi che hanno reso grandi i due film precedenti e che accenno solo.
Le scenografie sono efficaci e
nonostante siano limitate a pochi set ci
danno comunque un’idea di profondità e coerenza. Bartertown, la boom-town in
cui è ambientato metà film, è sporca, polverosa e sovrappopolata. Ne vediamo
poche parti ma non è difficile immaginarsi quelle che non vediamo, grazie
all’idea di Miller di farci vedere l’essenziale: le “miniere” di merda di
porco, il “palazzo” da cui regna con occhio feroce Auntie, il mercato in cui si
fanno e disfano le esistenze dei suoi cittadini e il Thunderdome. E il
Thunderdome, arena in cui due uomini entrano per diramare una disputa e da cui
solo uno ne esce vivo e, quindi, nel giusto si è accaparrato non soltanto il
titolo del film ma un posticino nel cuore di molti appassionati. Una
semi-cupola fatta solo di un’intelaiatura di acciaio ma che grazie all’occhio
di regista e montatori sembra più grande, minacciosa e cupa di quanto sia. Lo
scontro tra Max e Masterblaster a cui assistiamo sembra quasi uno degli
inseguimenti dei primi film: tirato, veloce, eccitante e, ovviamente, alla
morte.
I costumi, come sempre,
impressionano per come riescano a colpire lo spettatore e rendere distinti e
riconoscibili i personaggi. Il MasterBlaster è un gigante di carne, cuoio,
borchie e violenza, roba che non mi stupirei se avesse dato un paio di idee ai
creatori di Silent Hill nella creazione di Piramid Head (ma qua la sparo
proprio a cazzo, sia chiaro). IronBar, il braccio destro di Auntie, grazie a
una semplice testa di manichino e una parrucca risulta inquietante e ridicolo
allo stesso tempo, più grande della sua minuta altezza e comunque giusto come
capo delle guardie, una riga di amazzoni guerriere già alte di loro a
prescindere dalla creste punk e dalle corazze da giocatori di football. Il
pilota dell’aereo sembra uscito da un fumetto di Moebius (e per quanto non sia
sicuro che i tempi collimino, la sua mise è troppo simile a quella del
Cacciatore per non far venire il dubbio su chi ha influito chi), accompagnato
da suo figlio, una copia in miniatura che risulta davvero minacciosa quando è
armato del moschetto troppo lungo per lui. Persino al ragazzino che oggi
definiremo qualcuno definirebbe emo (e lo farebbe per scarsezza di lessico e
cattiva comprensione dei contesti) che passa il tempo a far parlare una bambola
di Bugs Bunny basta apparire in scena un paio di volte per incasellarsi alla
perfezione in queste lande desolate e assurde.
E i mezzi di trasporto perdono
qualsiasi pretesa di realismo, sciolti dalla riconoscibilità dei modelli di
partenza, per dare sfogo ai preparatori di auto di creare tutto ciò o quasi gli
passa per la testa. Davvero roba che o la vedete o non ho modo di farvi capire
quanto sia fica, senza senso ma comunque risulti giusta col film in cui
rombano.
Tutti aspetti che io trovo
ottimi e che continuano a colpire a segno anche a distanza di anni. Però se
queste sono comunque variazioni su quanto visto prima, a rendere il film
un’anomalia rispetto ai precedenti sono il tono e l’attitudine della pellicola.
Più su dicevo commedia per
tutta la famiglia, e non è un’esagerazione. Rivedendo i film in sequenza salta
all’occhio come la violenza sia stata ammorbidita mentre sia stato sottolineato
l’umorismo. Quando Max arriva a Bartertown, per entrarvi deve consegnare le
armi. Lo fa, ma lo fa tirando fuori un numero davvero ridicolo di armi da sotto
i suoi vestiti, sotto gli occhi incuriositi degli astanti. Quando viene
minacciato da una guardia che rotea le sue lame, Max spara facendogli saltare il
ciuffo, quando Indiana uccide senza pensarci due volte. Che c’entra, Indiana?
La scena è evidentemente ricalcata su quella più famosa di Indiana Jones, ma
l’assenza di uccisione dichiara gli intenti.
Quando Max si scontra per la
prima volta con IronBar il tutto sembra uno sparring, e persino quando siamo
nel Thunderdome e Max combatte per la propria vita, tra faccette buffe e
sbuffate siamo lontani dalla ferocia di un Toecutter o un Wez. Quando
Masterblaster viene ucciso, a ucciderlo sono i cattivi del film, e la scena è
più patetica che tragica, una bella differenza rispetto alle uccisioni quasi
sottotono viste nelle altre pellicole.
E a proposito del Thunderdome:
mi ero del tutto dimenticato del MC, il presentatore, l’imbonitore del mercato,
quel Dr. Deelgood che introduce i due uomini nel ‘dome esattamente come si
farebbe per due pugili, o due wrestler, e poi affabula la folla quando Max è
costretto a giocare alla ruota della fortuna, per scoprire quale fato gli
spetta dopo che Auntie lo accusa di non aver rispettato i patti. Ci sono
persino le vallette che mostrano il funzionamento della ruota. Queste
osservazioni solo per sottolineare che quando Max viene bandito da Bartertown e
arriva dove ci sono i bambini, la cesura rispetto a prima c’è, ma è molto meno
improvvisa di quanto ricordassi. Non dico che la cosa funzioni in maniera
eccellente, ma non è come se passassimo all’improvviso dallo stupro della
coppia del primo all’oasi coi bambini perduti, ecco.
Da qui in poi il senso di
avventura per famiglie piglia accelerazione e le cose vanno come devono andare.
Si tratta di un pigiare sul divertimento più scanzonato che sale di giri in
maniera veloce ma senza strattoni, e che viene ben dichiarato e reso evidente
nell’ultima sequenza, in cui finalmente arriva quello che un po’ tutti ci si
aspetta da un film di Mad Max: l’inseguimento. Pure qua, inutile ripetere
quanto sia fico, ben fatto, per una volta senza le maledette accelerazioni di
frame e ancora oggi regga benissimo botta. E pure qua si vede bene come “meno
violenza più commedia” sia stato il mantra della produzione.
Nessun buono muore, al massimo
un ferito. I cattivi muoiono, ma tutto sommato non in maniera brutale. E
Ironbar, che lungo tutta la pellicola è vittima di gente che lo mena in maniera
più o meno buffa, qua diventa un Buster Keaton post-apocalittico e vende cara
la pelle grazie a prodezze ginniche saltando da un auto all’altra.
Insomma, non c’avevo mai fatto
caso, forse distratto dall’osceno mullet che Max porta per tutta la prima parte
del film, ma Beyond the Thunderdome è sostanzialmente The Goonies dopo
l’olocausto nucleare. Che di per se non è un problema ma paragonato agli altri
due, ecco, non ne esce proprio fortissimo. Ci sarebbe da temere per il quarto,
ma se questo Beyond era targato PG-13 (se non masticate sigle sul rating
censorio, significa “per bambini accompagnati”) mentre il prossimo Fury Road
sarà un bel R come i primi due (ovvero, niente bambini in sala).
Anche oggi vi lascio con un
commento musicale che ha senso ma anche no, vi basta vedere il video per capire
perché. E al di là del video, il pezzo è un pezzone. E domani il post-watch, per tirare le somme e dire cose che mi sono dimenticato di dire.
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