martedì 26 ottobre 2010

5 motivi per cui seguo Sinfest da anni

Qual'è il vostro webcomics preferito?

Il mio è Sinfest di Tatsuya Ishida. Si, ne seguo parecchi e alcuni li trovo molto belli, ma Sinfest è l'unico che leggo ogni giorno da anni senza "pause di riflessione" o lasciandolo accumulare per "quando c'ho tempo". A pensarci bene ci sono almeno 5 motivi per cui non lo mollo mai:

1) L’umorismo. Sinfest a volte mi fa sganasciare come un babbeo, a volte mi fa sorridere ironico ma riesce comunque a lasciarmi sempre con una sensazione divertita in testa. Ishida passa senza sforzo dall’umorismo adolescenziale a base di sesso, droga e stupidera a quello politico e sociale senza dimenticare stilettate alla sfera religiosa, alla cultura pop e in particolare al mondo delle strip. Il ritmo delle battute è ben calibrato, le situazioni comiche si ripetono raramente e il contrasto tra lirismo e trivialità gli permette di essere serio quando serve senza sfociare in trombonate drammatiche o pompose.

2) I disegni e lo stile di Ishida. Data la comicità della serie l’espressività dei personaggi è essenziale e in questo credo che Ishida dia la biada all'autore medio di webcomics. E’ l’intera strip, intendo anche l’ambiente in cui si muovono i protagonisti a essere viva e a donarle un’atmosfera leggera in cui tutto è usato per scatenare la risata nel lettore e calarlo in un ambiente divertente. Sono evidenti le influenze del fumetto giapponese comico come Arale, di quello underground americano dei primi anni '90 e quello di mostri sacri come Schulz, Gottfredson o Kelly, però Ishida riesce nel tempo a farli suoi giungendo a una sintesi piuttosto personale che dona un certo carattere alla strip.

3) I personaggi sono a tutto tondo. Nonostante siano facilmente riconducibili a tipi umani classici, come il ventenne-quasi-trentenne che non vuole crescere e passa il tempo con il suo amico scoppiato a parlare di figa, la tipa gnocca eco-coscente con le farfalle in testa, il nerd che passa le giornate sui libri ecc ecc, negli anni sono tutti cresciuti mostrando caratteri pieni e sfumati. Sia chiaro, non parlo di profondità e crescita anagrafica alla Doonesbury, ma siamo lontani dai soliti cliché e quando ci sono vengono usati in maniera conscia e interessante. Stessa cosa per il cast di personaggi secondari piuttosto vario che comprende tra gli altri il Diavolo, sempre occupato a portare avanti l’inferno che conduce come un’azienda, il duo di angeli/evangelisti o l’integralista che tentano in tutti i modi di fare prosetilismo, Gesù, Barack Obama che gira il mondo insegnando il Funk, o Dio, che passa le sue giornate giocando con piccole marionette dalle fattezze dei personaggi. Ogni tanto appare anche un autore di fumetti, che potrebbe essere o meno Ishida stesso.

4) La costanza dell’autore. Sinfest è online dal 2000 e aggiornato giornalmente. Prima del 2006 ha avuto qualche momento di buio, in particolare quando ha subito un restyling consisstente. Dal 2006 circa però è aggiornato ogni giorno. Questa continuità non è un bonus fine a se stesso ma premia tutti. Ishida si è creato nel tempo uno zoccolo duro di fan mantenendo un patto non scritto che qualunque autore di strip giornaliere stipula con i lettore ma in pochi riescono a mantenere. I lettori si godono ogni giorno la loro dose di Sinfest rimanendo in attesa della successiva. E Ishida riesce a sfruttare il gran numero di strip per dare una profondità alla sua opera che non sarebbe possibile con aggiornamenti diradati nel tempo che allontanerebbero i lettori dai personaggi. In questo modo il ritmo stesso della produzione diventa parte integrante del racconto, mettendo il suo autore nella posizione di dover calibrare il contenuto delle sue idee al contenitore scelto mantenendolo sempre fresco e interessante. Il che è valido per ogni storia e il suo formato, ma l’idea di dover scrivere una strip al giorno per 6 anni di fila mi fa rizzare i peli sulla schiena per tutte le difficoltà che di sicuro incontra. Tanto di cappello a Ishida.

5) Le tavole domenicali. Da qualche tempo Ishida si è preso la briga di aggiornare la strip di domenica con una tavola domenicale in perfetto stile da quotidiano americano. Oltretutto a colori, con materiale sempre inedito e sfruttando la tavola per sperimentare con tempi e modi diversi di raccontare. Spesso si lascia andare a tavole mute in cui il colore supplisce alla mancanza di parole. A volte le usa per tirare le somme delle piccole storyline che porta avanti nelle strip regolari. Altre volte sono assoli di un singolo personaggio che ne definiscono il carattere o la funzione nel giro di 10 vignette o meno. Sono tavole in cui spesso a farla da padrone è il silenzio, la pausa prolungata e l'uso degli ambienti per rendere una gag comunque comprensibile.

Tutto questo per dirvi che leggendo Sinfest è chiaro come Ishida ami profondamente il fumetto e la strip come formato e cerchi di sfruttarne al massimo ogni aspetto e trucco per raccontare al meglio le vite dei suoi personaggi. Continuo a seguirlo non solo per il piacere che ne ricavo dalla lettura ma anche per studiarne i tanti piccoli trucchi che una costanza del genere richiede.

Come quasi tutti i webcomics Sinfest è gratis. Gli archivi li trovate online qui per cui fatevi un opinione vostra leggendovi qualche decina di strip e se vi piace spargetene il verbo, che ho sempre l’impressione che goda di meno riconoscimenti di quanti credo ne meriti.

giovedì 14 ottobre 2010

Tumore, trapianto e cadaveri che tornano utili

Ciao a tutti, mi chiamo Davide Costa e sono un paziente trapiantato.

Nella notte tra il 5 e il 6 ottobre del 2008 mi sono dovuto sottoporre a un trapianto di fegato da cadavere. Praticamente sono diventato uno zombie per il 2% circa del mio corpo.

Motivazione del trapianto: recidiva di carcinoma fibrolamellare nella forma di alcuni noduli ben piantati nel mio fegato. In parole povere c’erano dei piccoli tumori che crescevano e si moltiplicavano come piccoli cristiani alla conquista di una terra che non li desiderava.

Recidiva perché il cancro mi è stato diagnosticato per la prima volta nel 2006. Era un massa di un chilo e duecento grammi che aveva sostituito circa il 75% del mio fegato e venne estratto senza troppi problemi. Nel 2008 però Il Tumore Colpì Ancora e mi dovetti inserire nelle liste d’attesa per il trapianto.

Come probabilmente sospettate, il trapianto è andato a buon fine. Non è stata una passeggiata, devo sopportare una salute non proprio d’acciaio e qualche fastidio dovuto alle terapie immunosoppressive ma, se non avessi acconsentito a farlo, ora vi scriverei dall’oltretomba o verrei a trovarvi nei sogni mettendo in disordine i vostri ricordi. Invece sono ancora qui che cammino, faccio cose e vedo gente.

Tutto per merito del cadavere di cui sopra che quando era in vita ha deciso che alcune sue parti potevano venire bene a qualcuno da qualche parte. Magari l’ha fatto perché voleva essere utile a qualcuno. Forse sperava di togliersi un peso dalla coscienza o dallo stomaco. Magari lo ha fatto perché convinto che in questo modo non sia davvero morto, per cui mi premuro ogni tanto di massaggiarmi il fegato per fargli due coccole. Gli offrirei pure un buon wisky ma l’alcol mi è precluso. Oppure odiava lo spreco, adorava riciclare il più possibile e, prima di farsi tumulare in una fossa per il compostaggio come stanno sperimentando in Svezia, si è fatto espiantare gli organi per essere più eco compatibile dei suoi amici fricchettoni.

Chiunque fosse questa persona, qualunque sia stata la sua motivazione, è a essa che dovete la mia presenza in questo frangente della realtà. Da quando mi sono sottoposto al trapianto più di una persona si è complimentata con me per averlo fatto. Ecco, io non ho fatto nulla di strano, mi sono limitato a scegliere di non farmi mangiare vivo dal cancro. Una scelta che penso in pochi non farebbero. Se volete fare i complimenti a qualcuno, dovreste rivolgerli a chi custodiva il fegato prima di me, e a tutte quelle persone che decidono di regalare a degli sconosciuti qualche scians in più di sopravvivere. Io mi sono limitato a prendere una tessera “Esci gratis di galera” da Cancropoli del cancro e a incrociare le dita. E le tengo ancora incrociate.


giovedì 16 settembre 2010

Dolph Lundgren - A Little Less Conversation

Miglior video musicale dell'anno.



Si può avere la versione con tutto il cast di Expendables che lo accompagna ballando?

martedì 14 settembre 2010

James Wood - Come funzionano i romanzi

James Wood, senza S finale, professione critico di letteratura, da non confondere con James Woods, attore.
E occasionalmente ammazza vampiri.

Nonostante il titolo possa mettere il dubbio, Come funzionano i romanzi non è un manuale che insegni a scrivere. E' un saggio di critica letteraria in cui Wood si sofferma su alcuni aspetti essenziali del romanzo: lo stile dell’autore, la natura del personaggio e la differenza tra realismo, realtà e la loro rappresentazione in narrativa. Tutto questo viene esposto analizzando passaggi tratti dal lavoro di romanzieri degli ultimi due secoli, mettendo in luce meccanismi che se siete lettori vi passano sotto gli occhi da anni ma che magari non avete mai notato consciamente. Sono punti importanti perché a mio modo di vedere danno alcuni strumenti al lettore facendolo passare da mero fruitore passivo a lettore attento e curioso. Il che potrebbe essere il primo passo per diventare uno scrittore, quindi forse molto alla lontana si tratta di un Manuale di lettura per futuri scrittori.

Twilight è una cagata pazzesca!

Wood gode poi della capacità di trattare un argomento, reso a volte ostico e noioso dalla scuola, in maniera leggera, interessante e quasi avvincente, non perdendosi in lunghe digressioni ma dando solide basi da cui partire per appronfondire se interessati. Ed è proprio in questa capacità di invogliare il lettore a proseguire la ricerca andandosi a cercare magari gli autori citati che risiede la forza di questo saggio.

Per lo meno con me c’è riuscito lasciandomi una scimmia mastodontica di rileggere a distanza di anni o scoprire per la prima volta autori come Kafka, Foster Wallace, Green, Joyce, James, Dickens e molti altri.

Fottutissimi fanboy del cazzo.

Credo che per un critico e divulgatore portare un suo lettore a volerne ancora sia un risultato grandissimo. Buttateci un occhio che magari stimola anche voi.

lunedì 6 settembre 2010

I Sell The Dead

Due ruba cadaveri ottocenteschi sbarcano il lunario trafficando con uno scenziato pazzo. Poi iniziano a trovare corpi peculiari: vampiri, zombie, extraterrestri. Gli affari hanno un’impennata ma la concorrenza inizia a storcere il naso…




I sell the dead è una commedia nera strettamente british, sia per l’ambientazione che per lo humor mai urlato, sempre in punta di vanga, che ti porta più che a ridere sguaiatamente a sorridere per quasi tutta la breve durata della pellicola. Non manca qualche gag fulminante ma non si tratta certo di un film dal ritmo a rotta di collo. Anzi in un paio di passaggi il ritmo cala senza però grossi tonfi e si tratta di pochi momenti che non ne inficiano la qualità totale.

Ottima l’atmosfera plumbea e fumosa della brughiera, anche se ammetto che non ho capito se si tratti di Londra, Dublino o altra città isolana. Importa poco perché non è la ricostruzione storica ad avere peso ma la messa in scena di un certo immaginario horror gotico, tra Poe e la Hammer, in cui far muovere pittoreschi personaggi. Ed è proprio l'efficacia con cui vengono dipinti diversi tipi umani con pochi tratti ad avermi stupito maggiormente: il locandiere, il medico pazzo, un paio di becchini e soprattuto i membri della gang dei Murphy che appaiono poco in video ma con sanno subito di vivo e vissuto.

Produzione piccola e imperfetta ma cazzuta nei risultati. Pare ne stiano discutendo un seguito.

sabato 28 agosto 2010

Tremors 5 - The Thunder from Down Under

Pare che sia in lavorazione il quinto episodio di Tremors. Come dissi qua, il primo Tremors è uno dei miei film preferiti, non mi stanca mai e ogni volta che passa in tv mi ci trovo invischiato dentro. Anche la scorsa domenica sono caduto nella trappola guardandomelo dopo pranzo e poi ho dato un giro di google cercando per l’ennesima volta curiosità sul film, imbattendomi in notizie scarse, contraddittorie e tutt’altro che certe su questo fantomatico quinto capitolo, TREMORS 5: The Thunder from down under.


"Allora, ci stai per il quinto episodio?"

Ammesso che la cosa succeda davvero, sembra che il nuovo film sarà ambientato in Australia (!), dovrebbe vedere il ritorno di Fred Ward, Michael “Burt Gummer” Gross e addirittura Kevin Bacon (!!), avere la partecipazione di Crhistopher LLoyd (!!!) (che interpreta uno scienziato pazzo nella serie televisiva) e ci potrebbe scappare pure una parte per Paul “Mr Croccodile” Hogan (!!!!). Quest’ultimo ce lo vedo a parlare coi vermoni e ipnotizzarli facendogli le corna, magari mentre una coppia di assblaster frulla nell’aria con slow-no alla John Woo.

"QUALCUNO CHIAMI IL MIO AGENTE!"

Considerando che le ultime notizie incerte risalgono all’anno scorso, mi pare che si tratti di un classico caso di development hell. Però io sotto sotto sono un bambino che sgrana gli occhi di fronte ai mostroni e mentirei se dicessi di non sperare che la cosa vada in porto. Gira voce che esca il 25 dicembre del 2010 in dvd. Chissà che il buon vecchio gesù non ci metta una buona parola, magari è un fan della serie.


martedì 17 agosto 2010

Agosto, moglie mia non ti conosco

Ho scoperto Achille Campanile grazie al mio nonnino più o meno dieci anni fa. Mi ricordo che stavo cazzeggiando in rete quando lo sentii ridere di gusto dalla sua camera. Fin li tutto normale dato che mio nonno era un tipo allegro di natura a cui piaceva leggere barzellette o guardare roba comica in tv. Per dire, guardava i Simpsons dopo pranzo ogni giorno. Però quel pomeriggio le risate erano continue, andavano su e giù di tono, s’acquietavano e poi ripartivano stile mitraglia. Potevo sentire che gli lacrimavano gli occhi. Dopo una ventina di minuti mi alzai pensando “Bon, gli ottanta li ha passati, al 2000 ci è arrivato, ormai ce lo siamo giocato.” e andai in camera sua. Trovandolo che ancora rideva con un libro dalla costa arancione in mano.
“Nonno, tutto a posto?”
“Si!” e croscio di risa “Sto leggendo Campanile” si asciuga gli occhi “Lo conosci?”
Mai sentito prima.
“Magari poi ci butto un occhio…” e con fiera spocchia adolescenziale me ne torno a cazzeggiare in rete.
Per fortuna dopo un paio di giorni mi appioppa il libro in mano dicendomi di leggerlo. Si intitola Agosto, moglie mia non ti conosco. Me lo bevo in un pomeriggio ridendo come un cretino in preda a crisi isteriche. La storia in brevissimo:

In un alberghetto sul mare si ritrova un gruppo di personaggi assortiti, in vacanza. Questa però è rovinata da un fattaccio: molti e molte di loro sono intrappolati in cinture di castità. E le chiavi sono finite in mare durante una tempesta. Tutti tentano di trovarle. Frattanto misteriosi furti avvengono nell’albergo, una ragazza non si vuole sposare, l’albergatore tenta di passare inosservato e l’eroico granatiere flette i muscoli sollevando l’obice.

Cliccala che si ride un casino!

Grazie a un paio di post scritti da un amicicio dell’internet che me lo ha fatto tornare in mente, mi sono riletto Agosto un paio di settimane fa, in un pomeriggio, e ho riso tutto il tempo come un cretino in preda a crisi isteriche. Ricordavo alcuni personaggi come l’eroico granatiere o i vari palombari che si incontrano lungo la storia. Ma avevo dimenticato del tutto la comparsata di Fantomas, i due fidanzati sadomasochisti e il malefico precettore che con il suo vile ingegno e malvagio piano rende orrenda la vita della giovinetta.

Quello che me lo fa adorare è la capacità di Campanile di deridere tutto e tutti, dal provincialismo genetico della società italiana ai cliches delle storie di mare passando per certi personaggi del romanzo d’appendice e romantico. Il tutto come detto mantenendo un ritmo che non stanca mai grazie all’arrivo in scena di personaggi sempre interessanti, colpi di scena da foulleton a una prosa funambolica. C’è nel romanzo una leggerezza di fondo, una freschezza nel modo di raccontare la storia che anche a distanza di dieci anni me lo ha fatto gustare in un soffio. Ed è incredibile pensare che possa risultare così moderno sia nell’impianto che nella prosa, considerando che la prima volta è stato pubblicato nel 1930. Dopo averlo letto e riletto capisco un po’ di più cosa piaceva al mio nonnino, cosa lo faceva ridere come un bambino anche passati gli ottanta anni e come mai una persona nata tra le due grandi guerre potesse ridere e capire i Simpsons.

La BUR lo ha ristampato da poco, fatevi un favore e leggetevelo in queste ultime settimane d’agosto.